Sabato, 25 Maggio 2024 - 14:21 Comunicato 1336

Trento chiama, Napoli e Milano rispondono. Esempi virtuosi di rigenerazioni urbane e beni comuni

Come rigenerare luoghi e beni comuni in una società dai profondi cambiamenti economici e sociali? Come creare processi rigenerativi che vanno ad incentivare anche la partecipazione attiva dei cittadini? A queste domande hanno risposto gli esempi concreti presentati al panel “Rigenerare i luoghi per rigenerare le comunità: la cura dei beni comuni come strumento di partecipazione”, proposto da Trento Capitale Europea del Volontariato. L’incontro, promosso dal Comune di Trento, in collaborazione con l'organizzazione del Festival dell’Economia, ha presentato riflessioni sulle “governance partecipative” di Trento, Napoli e Milano.
Rigenerare i luoghi per rigenerare le comunità: la cura dei beni comuni come strumento di partecipazione Nella foto: Paola DEZZA.; Renato QUAGLIA; Teresa PEDRETTI. [ Marco Simonini - Archivio Ufficio Stampa PAT]

Sul percorso partecipativo di Super Trento, che porterà alla progettazione della superficie liberata dall’interramento dei binari tra lo Scalo Filzi e il Muse, è intervenuta Teresa Pedretti, partner del Collettivo Campomarzio. “Amministrazioni e cittadini devono cominciare a pensare che gli stessi processi di realizzazione e collaborazione dei beni comuni possono già essere bene comune. Non si tratta solo di gestire un bene, ma di coordinare e far tesoro del processo di realizzazione”, ha detto Pedretti.

Eugenio Petz, responsabile dell’Ufficio Partecipazione e Cittadinanza attiva del comune di Milano (da remoto) si è soffermato sui “patti di collaborazione”, strumento amministrativo utilizzato già da 800 comuni in Italia. “Abbiamo imparato da Bologna e molto attiva e anche Verona – ha detto Petz. -  I patti di collaborazione sono uno strumento mediante il quale l’amministrazione non svolge la sua funzione in modo autoritativo, ma utilizza metodi di coprogettazione con interventi ispirati dalla cittadinanza attiva”.

Fondamentale, dunque, il ruolo dei cittadini che conoscono e vivono la zona. E non si tratta solo di affidare loro incarichi di cura e gestione del verde, ma di arrivare al co-utilizzo di spazi e attività che le Amministrazioni non avrebbero avuto modo di attivare.  Un processo virtuoso di rete che va a muoversi anche sul reperimento delle risorse attraverso il coinvolgimento di Fondazioni e aziende in cerca di azioni e progetti di “solidarietà sociale”.

Singolare, infine, l’esempio di recupero urbano spiegato da Renato Quaglia, direttore generale FOQUS Fondazione Quartieri Spagnoli di Napoli. Un grande monastero vuoto di 15.000 metri quadri nel cuore di Napoli è diventato un luogo vivo, con nuove cooperative, nuove attività imprenditoriali, e con un grande ciclo educativo, dal nido fino alla secondaria di primo grado, frequentato da più di 1000 bambini da zero a 14 anni.  “Un’esperienza di rigenerazione urbana – ha detto Quaglia – portato avanti in uno dei quartieri più difficili e anche emblematici d’Europa, perché i Quartieri Spagnoli di Napoli sono una periferia posta nel cuore del centro storico di una metropoli”.

Rimangono le difficoltà da superare.  “Oggi le organizzazioni civiche sono le nuove forme dell’impegno civile del nostro paese.  – ha concluso Quaglia - L’esperienza di rigenerazione urbana è avvenuta con risorse private, bandi, azioni di organizzazioni e fondazioni bancarie intervenute su singole parti di progetto.  Queste pratiche dovrebbero stare dentro un percorso pubblico, non nel senso di finanziamenti, ma nel senso di farle diventare policy pubbliche. Il nostro Paese è pieno di esperienze rigenerative, ma sono per la maggior parte sconnesse tra loro e rischiano di essere dei meravigliosi numeri primi”.

A coordinare Paola Dezza, giornalista Il Sole 24 Ore.

(lp)


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