L’impresa d’arte di Fortunato Depero

L’impresa d’arte di Fortunato Depero 

Mi piace pensare a Fortunato Depero come un imprenditore rivoluzionario il cui prodotto di punta, sul quale fece ricerca e innovazione, era la società.
La sua fu una vita dedicata all’arte alla cultura, si definiva scultore ancor prima di pittore, ideologo e teorico - a lui il Futurismo deve molto - vi sono però diversi indizi che ci riportano alla natura pragmatica, concreta e fattiva di Depero. 

Impresa d'arte Depero 

In “Ricostruzione Futurista dell’Universo”, manifesto lanciato nel 1915 assieme a Balla, professava la volontà di “riplasmare” e “ridisegnare” ogni aspetto della vita quotidiana. Una sorta di compendio per vivere in pieno stile futurista. Per Depero ciò che era enunciato e dichiarato nel Manifesto doveva essere realizzato concretamente seguendo le reali possibilità di produzione e di mercato. Idealmente l’intervento futurista era di ampiezza cosmica, si partiva da una ricostruzione planetaria fino ad arrivare al singolo gesto quotidiano seguendo un nuovo ritmo, una nuova velocità, quella della luce, dell’elettricità, della macchina. Siamo nel primo dopoguerra e c’era la necessità di pensare a un uomo nuovo, moderno, che abitasse ambienti moderni, che vestisse abiti moderni e che comunicasse in modo moderno, in una parola futurista.
Per rispondere a queste esigenze, a questo grande progetto universale, Fortunato Depero aprì nel 1919, stimolato anche da altri esempi simili in Italia, la Casa d’Arte Futurista, “La Casa del Mago” come da titolo di una sua importante opera del 1920.
Grazie all’aiuto della moglie Rosetta iniziò a progettare oggetti di uso quotidiano da inserire nelle case della borghesia per tradurre futuristicamente l’ambiente. La vicinanza al teatro aiutò Depero ad avere una visione scenografica e una chiara padronanza del progetto e della gestione dello spazio nel suo insieme. Sia dentro sia fuori la tela segnò con plasticità scultorea inconfondibile i suoi personaggi che, attraverso un processo di sintesi e cristallizzazione delle forme, diventarono icone dell’uomo futurista, uomini meccanici in movimento, un connubio tra natura e tecnologia.
Depero quindi intraprese la propria attività puntando sulle arti decorative. A metà degli anni Venti l’impresa Depero marciava a pieno regime, contava quattro cucitrici fisse, la moglie che sovraintendeva ai lavori e altre collaborazioni a chiamata. 

"Scopo di questa mia industria d'arte è in primo luogo sostituire con intenzioni ultramoderne ogni tipo di arazzo-gobelin, tappeti persiani, turchi, arabi, indiani, che oggi invadono qualsiasi distinto ambiente".
La produzione si concentrò inizialmente sulla parte tessile realizzando arazzi, da lui soprannominati “tappeti”, “quadri di stoffa” e cuscini, aprendosi poi alla pubblicità e alla produzione di mobili dal design, tutto esclusivamente in pieno stile futurista. 
Il design dei mobili di Depero è legato al “vivere svelto”, il mobile futurista - come ricorda Mario Universo nel volume “Fortunato Depero e il Mobile Futurista” - deve contribuire all’accelerazione della vita, a far stabilire un rapporto dinamico tra il dentro e il fuori, tra la casa e la città. Per fare questo il mobile deve avere forme spigolose, non piatte, deve esplodere di colore e stimolare il dinamismo dei muscoli e della mente di chi li usa.

Il rapporto di Depero con l'industria 

Con la stessa intraprendenza dimostrata nel lavoro, Depero cercò il contatto con il mondo delle imprese proponendo progetti pubblicitari e cartellonistici a diverse imprese trentine e nazionali. Case history di successo, ancora di grande attualità, è la collaborazione di Fortunato Depero con la Campari. Come spesso accade quando artista e imprenditore sviluppano dei progetti di successo, il rapporto fra i due deve essere stato diretto, senza filtri e sulla base di obiettivi comuni. In questo caso fu Davide Campari ad aprire le porte a Depero. Davide Campari, primogenito del capostipite Gaspare, trasformò la bottiglieria del padre in azienda internazionale impostando le basi di una produzione ancor oggi conosciuta a livello internazionale. La modernità di Davide Campari si evince dalla gestione aziendale ma anche nella scelta di appoggiare e collaborare con un artista così eclettico e trasversale.

Fausto Colombo in “Industria Culturale Italiana dal 1900 alla Seconda Guerra Mondiale. Tendenze della produzione e del consumo” definisce il rapporto Depero/Campari, come uno dei primi esempi di mecenatismo classico sia per lo spazio di rilievo dato all’artista all’interno dell’azienda – dall’elaborazione della cartellonistica, al design del distributore automatico di Campari Soda, alla famosa bottiglia che ancora oggi viene presentata in tutte le tavole del mondo – sia per il sostegno di prodotti d'arte sponsorizzabili, come il "libro bullonato" del 1927, che ebbe da parte di Davide Campari un fondamentale contributo economico.  Dall’altra parte anche l'azienda utilizzò in maniera assai ampia le potenzialità̀ e la creatività̀ dell'artista a suo favore, limitando le ambizioni di Depero quando si rivelavano troppo audaci e fuori dalla politica aziendale.

Per Depero così tante furono le committenze di prestigio a livello internazionale e, analogamente, così tanta la fatica nel ritagliarsi un ruolo riconosciuto pubblicamente dalla borghesia trentina del tempo. Una preziosa testimonianza la regala Angelo Marsilli, imprenditore di Rovereto appassionato d’arte e collezionista, che nella sua casa dove, circondati dalle opere di Depero, racconta aneddoti di vita vissuta riportando alla memoria il suo personale ricordo di Fortunato Depero. Da ragazzino Angelo Marsilli, accompagnava il padre la domenica mattina al caffè Imperiale, in centro a Rovereto, appuntamento fisso della borghesia cittadina, e lì incontrava Depero, un uomo di bassa statura e dall’aspetto inconsueto, che arrivava con la sua cartella di bozzetti, disegni, grafiche sotto il braccio per attrarre l’attenzione di facoltosi potenziali clienti. Modi discutibili, quasi invadenti agli occhi di molti, ma che riletti oggi dimostravano audacia, sicurezza e limpidezza. Depero lavorava costantemente e realizzava progetti ancor prima che gli fossero commissionati. Pensava che presentare un prodotto già finito potesse essere commercialmente più efficace. Lo stesso avvenne con la ditta Marsilli. Il padre di Angelo, titolare del famoso salumificio trentino, ricevette senza preavviso o richiesta un progetto per un nuovo marchio della sua azienda. Angelo Marsilli ne custodisce la documentazione con grande orgoglio, anche se quel marchio non fu mai utilizzato per paura che non fosse consono alle abitudini del mercato.

Forse fu proprio quel ritmo accelerato, la velocità futurista che Depero dimostrava nella vita, nell’animo e nelle opere a creare uno scarto fra lui e parte del suo Trentino. Depero capiva che il mondo correva a una velocità diversa, lo cercava quel mondo sognato, dipinto e professato, lo voleva a tal punto da andare a New York nel 1928 e poi nuovamente nel 1948, anni in cui gli spostamenti erano rari e di pochi coraggiosi privilegiati.  Successi e consensi da parte della maggior parte dell’opinione pubblica trentina arriveranno in chiusura di carriera e dopo il 1960, anno in cui morì. 

L’eredità che ha lasciato Depero alla storia dell’arte ma anche dell’impresa italiana è importante. In modo spontaneo e coerente, alle volte ingenuo e troppo onesto per vivere una vita di agio e ricchezza, Depero tracciò la strada a molti contemporanei che tra artisti, designer, grafici di fama internazionale, traggono ogni giorno ispirazione dalla sua opera. Sarà nostro piacere incontrarne alcuni per voi e darne voce nella prossima tappa del nostro viaggio deperiano. 

 

RINGRAZIAMENTI
Archivio del 900 del MART per la gentile concessione delle immagini. Per chi volesse saperne di più si ricorda che il Fondo archivistico Fortunato Depero, la sua biblioteca e anche una esaustiva bibliografia su di lui sono conservati presso l’Archivio del ‘900 del Mart;
Angelo Marsilli e famiglia per la testimonianza;
Giogio Giovanelli e arch. Brunella Avi per l’aiuto nella ricerca delle fonti. 

 

di Giovanna Felluga

 

 

 

BIBLIOGRAFIA
(Mario Universo, Fortunato Depero e il Mobile Futurista, 1990 Marsilio Editori)
(Fausto Colombo, “Industria Culturale Italiana dal 1900 alla Seconda guerra Mondiale. Tendenze della produzione e del consumo”1997,  ISU Università Cattolica di Milano)
(Maurizio Scudiero, Casa D’Arte Futurista, Edizioni d’Arte Il castello, Trento 1922)
(Nicoletta Boschiero, Depero, Manifesti e Pubblicità catalogo mostra Palazzo Riccabona, Cavalese 1997)
(Brno Passamani, Fortunato Depero, Trento 1981) 

Foto: copyright Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto

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