
Mentre l’Europa alza l’asticella della transizione energetica e l’America si sfila dai concordati sul clima, l’Italia è alla ricerca del giusto mix energetico per poter rispettare i propri impegni e potersi mettere al sicuro dai rischi che anche il recente blackout della Spagna ha messo in evidenza.
Durante quello che sta diventando ormai un appuntamento fisso al Festival dell’Economia per fare il punto rispetto alle tappe che sta raggiungendo l’Italia nella transizione energetica, sono emersi diversi spunti con molti pensieri concordi.
Fabrizia Lapecorella, vicesegretario dell’Ocse che monitora la transizione, ha aperto il panel con i dati, rapportandoli alla crescita economica: “Ad oggi l’88% delle emissioni globali sono di paesi impegnati nella transizione energetica. Tra 2015 e il 2022 il Pil globale è cresciuto del 22% mentre le emissioni sono cresciute del 7%. Questo – ha spiegato Lapecorella – ci dimostra che può esserci il disaccoppiamento tra crescita economica e riscaldamento globale. Ma per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 serve decuplicare il ritmo di decarbonizzazione e cambiare prospettiva trasformando la transizione verde in una transizione soprattutto economica, sociale e geopolitica”.
Il direttore della rivista “Energia” Alberto Clò ha evidenziato le contraddizioni della transizione a livello globale: “Trump è oggi un punto di discontinuità rispetto al passato perché sta distruggendo la narrazione dominante. Gli Usa hanno calcolato di poter aumentare le emissioni di 4 miliardi di tonnellate. Per contro l’Europa ha deciso di ridurne lo 0,6% di tonnellate che produce. L'Europa ha prezzi dell’energia 4 volte superiori rispetto all’America quindi non possiamo fissare obiettivi eccessivamente ambizioni anche perché ormai in Europa il riscaldamento globale non è più il tema dominante, se si pensa alla spesa destinata alla difesa”. Chi paga? Si chiede nel suo intervento Clò richiamando le disuguaglianze sociali che la transizione crea tra chi beneficia delle risorse e chi non può trattenerle.
La risposta arriva dall’intervento di Guido Bortoni, presidente di Cesi, azienda leader mondiale del testing e della consulenza per il settore elettrico. “Noi tendiamo a far corrispondere la transizione energetica alla decarbonizzazione – ha detto Bortoni – ma il trilemma europeo è composto da tre vertici: decarbonizzazione, affidabilità del servizio e affordability, ovvero la convenienza del costo dell’energia. L’Ue tende a concentrarsi sul primo ma gli altri due vertici sono assolutamente importanti. Se quindi continuiamo nella transizione energetica, lo dobbiamo fare tenendo bene chiaro il vertice della sostenibilità economica perché il costo non debba essere affrontato dalle famiglie”.
Bortoni ha poi ricordato che l’Europa è povera di materie prime ma è molto forte nella trasformazione delle materie in vettori energetici, anche quelli del futuro, e deve quindi puntare su questo per poter abbattere i costi. E ha introdotto il concetto di sicurezza dai rischi del climate change: “Noi siamo soggetti a eventi meteorologici così forti da mettere a rischi la tenuta della rete energetica quindi ora la priorità è la messa in sicurezza del settore energia dal rischio che l’energia non sia più accessibile alle persone e alle imprese”. Tra le soluzioni avanzate da Bortoni vi sono la continua ricerca nel settore delle rinnovabili, tra cui oggi va sviluppato il trattamento degli esausti come l’anidride carbonica, il risparmio energetico, mantenere vettori importanti, come l’energia elettrica e il gas, e puntare sempre più sulle batterie di accumulo e, un domani, guardare alle tecnologie moderne del nucleare.
Concetti ripresi anche da Salvatore Bernabei, responsabile Enel Green Power e Thermal Generation: “Una strategia energetica diversificata e orientata alle rinnovabili è fondamentale per stabilizzare e abbassare i prezzi e richiede il contributo di tutti gli operatori. Noi stiamo facendo la nostra parte, ma oggi Enel non è più l'incumbent e in Italia rappresenta solo il 13% della produzione. Attualmente la generazione del gruppo da fonte rinnovabile rappresenta il 10% della produzione totale nazionale, in aumento rispetto al 2023 in cui era l’8%. Per una transizione sicura sarà necessario anche continuare a garantire la sostenibilità degli impianti a gas, che per diversi anni accompagneranno il processo”.
Secondo Bernabei, quindi, la transizione va accompagnata con interventi sulla flessibilità del sistema, favorendo lo sviluppo di sistemi di accumulo (BESS e pompaggi) e reti, nonché l’utilizzo di meccanismi che garantiscano stabilità per le rinnovabili.
L’Italia si è mossa con lungimiranza in questa direzione creando un framework regolatorio adeguato per poter attrarre gli investimenti.
Proprio sulle norme e sui sistemi di accumulo si è soffermata Catia Tomasetti, partner e leader del focus team Infrastrutture, energia e transizione ecologica dello studio legale internazionale BonelliErede. “Il regolatore italiano ARERA – ha spiegato Tomasetti – ha permesso di investire in passato sulla rete di distribuzione e migliorarla, rendendola oggi molto efficiente. La rete è adeguata e sono stati fatti i giusti investimenti e le giuste programmazioni. Ma quando viene immessa troppa energia, si devono staccare gli impianti e questo sistema è inefficiente due volte perché non viene sfruttato un momento buono per la produzione e poi perché gli impiantisti vengono risarciti. È naturale pertanto puntare sulle batterie se l’Italia vuole raggiungere l’impegno di arrivare ad una produzione di 107 GW di capacità rinnovabile entro il 2030. Ora siamo intorno ai 50 GW quindi ci dobbiamo organizzare ad un aumento di 10 GW all’anno per raggiungere l’obiettivo”.
Stefano Granella, CEO del Gruppo Dolomiti Energia, è partito dal rapporto con il territorio per il suo intervento: “L’energia deve essere competitiva, sicura e facile. Le rinnovabili hanno tutte queste caratteristiche ma la transizione non ha una ricetta unica rivolta alle rinnovabili, anzi il gas rimarrà un importante player del mercato e noi stiamo investendo anche su quello. Un esempio su tutti: le Valli Giudicarie non sono metanizzate e gli alberghi di Madonna di Campiglio sono per la maggior parte scaldati a gasolio. Per sostituire quel tipo di fornitura le rinnovabili non sono ancora pronte mentre stiamo lavorando per far arrivare lì il metano”.
Per Granella situazioni come quella dello scorso 1° maggio in cui il prezzo dell’energia è stato pari a zero diventeranno sistematici, le rinnovabili sono uscite dal mercato di nicchia per giocare nel mercato e cercare il modo di essere valorizzate. Inoltre, in futuro sarà importante anche aiutare i consumatori a cambiare i propri comportamenti.
Carlo Costa, direttore tecnico generale di Autobrennero, ha infine affrontato il tema delle emissioni e della decarbonizzazione nei trasporti citando le iniziative di A22: “Abbiamo un’importante funzione di mobilità tra l’Italia e l’area mitteleuropea. Oltre il 10% delle merci in uscita dall’Italia passa di qui e abbiamo un incasso di oltre 1 milione di euro al giorno. Questo ci ha incaricati di diventare attori della decarbonizzazione. Abbiamo quindi realizzato il primo centro per la produzione e distribuzione a idrogeno verde a Bolzano. Altri quattro sono banditi o in corso di realizzazione e altri sei sono programmati per il prossimo anno grazie anche ai fondi del PNRR. Ieri – ha concluso Costa – abbiamo inaugurato l’Hypercharger per i mezzi pesanti elettrici sempre a Bolzano e su tutta l’asse abbiamo posizionato oltre 100 colonnine, il 10% di tutta la rete italiana”.