
Il Premio Rigoni Stern, dedicato alle opere di narrativa e saggistica sulle Alpi pubblicate negli ultimi due anni, si conferma anche per la Provincia autonoma di Trento, che lo sostiene, un evento capace di accendere efficacemente i riflettori sulla montagna, la sua natura, le sue culture. Le Alpi che ha conosciuto Rigoni Stern, è stato ricordato nel corso della cerimonia, sono state, anche, un luogo dove si è sofferto, e combattuto. Oggi sono invece percorse da un solo tipo di esercito, quello pacifico dei turisti, degli escursionisti, degli alpinisti. Le frontiere che le attraversano hanno perso molta della loro importanza, sono finalmente diventate, nella maggior parte dei casi, dei ponti, non delle barriere. Anche la qualità della vita delle comunità che popolano le valli alpine è progressivamente cresciuta. Questo non significa però che le Alpi siano diventate una sorta di Eden, un’isola felice incontaminata e autosufficiente. I problemi che l’Europa e il mondo stanno attraversando provocano i loro effetti anche qui. Anzi, per certi versi, sul fragile equilibrio delle Alpi hanno un impatto ancora più forte, basti pensare ai cambiamenti climatici, che, dicono gli esperti, qui hanno un intensità doppia rispetto ad altre aree geografiche.
Né si può certo dire che le Alpi siano immuni dalle tensioni che esplodono nei paesi vicini, quest’anno ovviamente in primo luogo in Ucraina
Le opere in concorso nell’edizione 2022 del Premio, non a caso, toccavano questi e altri temi delicati, complessi, utilizzando vuoi il linguaggio letterario vuoi quello saggistico. Oltre al romanzo di Malaguti, lo ricordiamo, sono arrivati in finale Carlo Barbante con “Scritto nel ghiaccio. Viaggio nel clima che cambia”, Adeline Loyau con “Les tribulations d’une scientifique en montagne” e Annalina Molteni con “L’ombra dei Walser”.
La giuria, composta da Sara Luchetta, Giuseppe Mendicino, Luca Mercalli, Niccolò Scaffai e Annibale Salsa ha anche segnalato con una menzione speciale il libro “Femines. Donne del latte” di Ulderica Da Pozzo. Alla cerimonia era presente anche il figlio di Mario Rigoni Stern, Gianni, che alcuni anni fa, con l’aiuto della Provincia autonoma e della Federazione provinciale allevatori, donò a più riprese dei bovini di razza Rendena ad aziende zootecniche della Bosnia (anche della martoriata Srebrenica) per aiutare la ricostruzione post-bellica.