
Nato da un mutamento del gioco stesso, e soprattutto della sua fruizione, lo strumento tecnologico di ripresa e di riproduzione delle situazioni più dubbie non può considerarsi oggettivo e perfetto. Per questo, accanto a lui, dovranno sempre restare degli arbitri in carne ed ossa, che analizzino le circostanze e prendano le decisioni. Se infatti prima della televisione, l’autorevolezza dell’arbitro era data dal suo punto di vista sul campo e dalla vicinanza al gioco, dopo la tv e la messa in onda delle partite è diventato spesso lo spettatore a casa, quello che può disporre di una sintesi privilegiata di punti di vista, derivata dal numero delle telecamere. Da qui nasce l’introduzione del var, non dunque come strumento contro gli arbitri, volto a contrastarne l’inabilità, ma come mezzo per colmare un deficit visivo, come un “ulteriore occhio”. “Ogni partita, del resto, sono tante partite: quella giocata, quella vista dagli arbitri, quella trasmessa in tv e quella che osservano gli spettatori in tribuna” – chiarisce Rossetti. “E non dobbiamo dimenticare che il calcio è uno sport di contatto, in cui le situazioni grigie esistono per sua natura. Per questo il var va usato, sì, ma sulle azioni che impattano il gioco. Quando al contrario servono 12 replay, 5 angolazioni e diverse interpretazioni per arrivare ad una sintesi, siamo di fronte a situazioni in cui non si dovrebbe affatto intervenire, a situazioni in cui dovrebbero essere d’aiuto più le linee guida tecniche che altro. È che dimentichiamo che l’oggettività del var non è assoluta, ma parziale, poiché sempre affiancata all’interpretazione”.
Che ci sia il rischio di affidarsi troppo alla tecnologia, lo ribadisce anche l’ex portiere della Lazio: “Tutto nasce per supportare l’arbitro. Basti pensare alla parentesi intermedia con un arbitro in più dietro la porta. Quindi non dobbiamo finire per dare valenza maggiore all’immagine piuttosto che al “senso di gioco”, a quello che succede in campo, così come non dobbiamo dimenticare che un conto è commentare le decisioni prese a posteriori, e un conto è essere il primo a prenderle, come fanno appunto gli arbitri in campo”.
Ma allora perché di 10 var richiesti, solamente uno fa sì che l’arbitro mantenga la sua decisione presa in precedenza? “Perché appunto viene richiesto solo in casi lampanti” spiega ancora il presidente della Commissione arbitri della Uefa. Niente incompetenza e niente fantasmi, quindi. “Il var - conclude Rosetti - non sostituirà mai gli arbitri, perché sono loro quelli che hanno personalità e conoscenza del gioco”.