Il festival è stato promosso da HIT insieme a Università di Trento, Fondazione Bruno Kessler e Fondazione Ampioraggio. L’offerta culturale è stata arricchita inoltre grazie alla collaborazione di un’ampia rete territoriale di associazioni: Speck&Tech, CoderDolomiti, FabLab Unitrento, Minds Hub e Verona FabLab. Sponsor dell'iniziativa: PagoPA.
Fra i protagonisti della manifestazione, giovedì 6 giugno - serata inaugurale a cura di Speck&Tech - sono intervenuti Andrea Borruso (Presidente, OnData) e Marina Latini (Software Release Engineer, SUSE). Il primo, a proposito di dati aperti, ha centrato la sua presentazione sulla cultura del diritto: chiedere l’accesso a informazioni in possesso della PA è un esercizio quotidiano di cittadinanza attiva per far sì che le norme, esistenti sia in Italia che in Europa, vengano applicate efficacemente, a vantaggio della collettività. La seconda, a proposito di software aperti, ha descritto l’importanza degli standard di interoperabilità, una sfida che intreccia aspetti organizzativi, sintattici e semantici oltre che tecnici.
Venerdì 7 sono stati tre gli appuntamenti in evidenza.
Maria Morena Ragone, a partire dal caso di studio della Regione Puglia, ha descritto il ruolo del Responsabile per la Transizione Digitale, una sorta di supereroe dell’innovazione nella PA. Digitalizzare la PA ha a che fare con istanze complesse come la cybersecurity, la data governance e la gestione documentale, cuore dell’infrastruttura, si pensi ad esempio al monitoraggio del PNRR e dei relativi contratti. Una figura professionale che fa rete e attraverso percorsi condivisi favorisce l’adozione di metodi, modelli e strumenti utili per implementare gradualmente approcci e soluzioni open, come la piattaforma Puglia Partecipa, il sistema di gestione documentale di Regione Puglia Kosmos e il nuovo centro di competenza regionale sull’AI.
Alessandra Poggiani ha descritto il ruolo di CINECA, infrastruttura di supercalcolo pubblica e potente, con una storia lunga oltre 50 anni. Pochi giorni fa è stato presentato ITALIA, un LLM (Large Language Model) italiano, realizzato in collaborazione con iGenius. Ogni IA generativa deriva da una specifica cultura che la esprime. Servono milioni di testi e immagini in lingua per addestrare un modello. Poiché la diversità è ricchezza, un LLM nazionale diventa un tassello importante per la sovranità digitale. Per compiere questa impresa servono umanisti oltre che esperti nelle scienze dure. Rompere i silos disciplinari è fondamentale per generare opportunità col supercalcolo, e questo vale per tutti i settori economici. L’apertura è fondamentale per due motivi. In primo luogo per poter permettere l’accesso ai servizi disponibili presso il Tecnopolo di Bologna che altrimenti sarebbe proibitivo per le dimensioni e i costi che comporta, non solo in termini economici ma anche d’impatto energetico. In secondo luogo perché i benefici prodotti sono a vantaggio di tutta la società, ogni risultato conseguito viene condiviso tempestivamente con PA, comunità scientifica e tessuto produttivo/industriale. Un esempio di applicazione sono i gemelli digitali. Nel piccolo, come per il Comune di Bologna, e in grande, come il modello planetario costruito in collaborazione con ESA, l’agenzia spaziale europea.
Uljan Sharka ha parlato del percorso di iGenius e della visione di fondo dell’impresa: costruire un’IA centrata sulle persone, mirando a chiudere il divario di competenze tra dati e utenti. Sostenitore del Made in Italy come vantaggio competitivo, predice la leadership naturale di Italia ed Europa nei prossimi 20 anni, un’opportunità epocale, a patto di inserirsi in un contesto di bisogno crescente di tecnologia, che non può essere centralizzata, e di farlo con il proprio DNA, ossia senza inseguire modelli esteri basati sull’inglese. È così che, in collaborazione con CINECA, è nato Modello ITALIA, con mille miliardi di parole e 9 miliardi di parametri. Rilasciato con licenza MIT, garanzia di trasparenza, risponde a un approccio open source, non solo una scelta ma anche un fattore abilitante. Se la domanda di fondo è: “come i modelli impattano la lingua e la cultura?”, la risposta è nel rinascimento digitale, un’opportunità strategica anche per fare emergere la via italiana all’IA.
Sabato 8 mattina Stefano Pampaloni (CEO, Seacom srl) ha discusso del nesso fra open source e AI, soffermandosi in particolare sulla necessità di integrare l’ecosistema dell’open innovation e commentando il Cyber Resilience Act, normativa dell'Unione Europea che stabilisce requisiti orizzontali di sicurezza informatica per i prodotti con elementi digitali, con l'obiettivo di migliorare la sicurezza, gestire le vulnerabilità e garantire trasparenza e conformità per proteggere consumatori e imprese dalle minacce informatiche.
Nel pomeriggio, per chiudere con uno sguardo rivolto al futuro, si sono tenuti i laboratori di coding e thinkering promossi dall'associazione CoderDolomiti, FabLab UniTrento, FabLab Verona e MindsHub “open dojo” per la fascia di età 7-17 anni: per costruire un videogioco con Scratch, controllare robot, suonare su una batteria di frutta col Makey-Makey, sperimentare le schede elettroniche micro, creare un motore elettrico, pubblicare un sito web e modellare oggetti virtuali disegnando in 3D.
I temi trattati hanno attratto un pubblico eterogeneo, in gran parte giovane, con oltre 100 partecipanti al giorno.
Secondo Flavia Marzano (Presidente del Comitato Tecnico Scientifico della Fondazione Ampioraggio e tra le ideatrici del Festival), "le comunità Open Source offrono un supporto attivo e una manutenzione continua per le soluzioni IA, garantendo agli enti un accesso costante ad aggiornamenti, correzioni di bug e nuove funzionalità. In questo senso, esse giocano un ruolo importante per supportare gli enti nell’implementazione dell'IA anche perché la collaborazione tra tutte le componenti istituzionali è richiesta esplicitamente nei princìpi guida del Piano triennale per l’informatica nella PA 2024-2026."
«L’Università di Trento ha partecipato con convinzione a questa prima edizione contribuendo in particolare alla riflessione su come sfruttare licenze aperte nei modelli di business delle imprese e sull’impatto delle scelte di licenza a livello economico e sociale. Vale a dire, come aiutare le aziende a ripensare il proprio vantaggio competitivo in contesti in cui la protezione della proprietà intellettuale non è più un asset decisivo. Serve un cambio di mentalità, un ripensamento nell’ottica di dare valore ai servizi lavorando sugli aspetti vincenti dell’open source: apertura, libertà, coinvolgimento, partecipazione, possibilità di co-design. Una promessa di maggiore efficienza, trasparenza, sicurezza e adattabilità che cambia i valori e le potenzialità competitive delle aziende», commenta Alessandro Rossi, delegato del rettore al supporto al sistema produttivo.
Massimiliano Gambardella ha ribadito le motivazioni che hanno portato PagoPA a supportare il Festival, essendo l’open source il cuore delle soluzioni e dei servizi offerti dall’azienda, attraverso i quali si sviluppa la missione di innovare il Paese e accompagnare la transizione digitale, dentro la PA e attraverso le applicazioni fornite alla cittadinanza.
“La missione di HIT – commenta la presidente Ivonne Forno – trova pieno compimento in occasioni come queste, dove gli attori della ricerca e dell’impresa si incontrano con la cittadinanza su temi e approcci come il Software Libero e le Tecnologie Open, che offrono l’opportunità di sviluppare, condividere e innovare. In altri termini, sono fattori che abilitano lo sviluppo economico e il benessere del territorio attraverso pratiche di collaborazione e costruzione di comunità.”