
La politica internazionale attraversa una delle sue stagioni più incerte, tra guerre aperte, nuovi nazionalismi e crisi di leadership. In questo scenario frammentato, l’Europa rischia di perdere definitivamente il suo ruolo di protagonista.
È questa la premessa dell’incontro “Il dovere della speranza”, che ha visto Romano Prodi, ex presidente della Commissione Europea e due volte presidente del Consiglio dei Ministri italiano, dialogare con Paolo Magri, vicepresidente e direttore scientifico dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI), e con la caporedattrice politica de “Il Sole 24Ore” Liliana Faccioli Pintozzi.
L’occasione è l’ultimo libro firmato da Prodi e da Massimo Giannini, che parte da un’intuizione forte: in un mondo instabile, la speranza non è un sentimento, ma un dovere. Per l’ora rinomato accademico internazionale - che però, scherzando con i moderatori e con il pubblico, afferma: “Non so perché, ma chi mi stima mi chiama ingegnere, non professore” - l’Europa non può arrendersi all’irrilevanza. Eppure, è esattamente questo il rischio, visti il diritto di veto nei processi decisionali, l’assenza di una politica estera comune, la mancanza di una leadership ora più che mai necessaria. Insomma, vista la profonda inadeguatezza del Vecchio Continente ad affrontare le sfide geopolitiche del presente e del futuro.
“Non siamo più ascoltati nel Mediterraneo”, aggiunge Prodi con tono critico, “perché non abbiamo saputo costruire relazioni anche con chi è diverso da noi”. E mentre la Cina si interroga apertamente sulla direzione dell’Europa - soprattutto in relazione a quella che sta prendendo, nei confronti del Paese asiatico, l’America - l’UE fatica a dare risposte chiare.
Arrivando agli Stati Uniti, Prodi è ancora più incisivo: la fase di profondo mutamento, con la rielezione di Donald Trump e l’imprevedibilità delle sue decisioni e dei suoi comportamenti, può avere derive radicali, spaventose, sul piano globale. Da qui, ancora una volta, l’urgenza di un ruolo più significativo per l’Europa nel panorama politico ed economico internazionale.
Eppure, tra i diversi ostacoli che impediscono all’Europa di ritornare forte, c’è il dibattito identitario, ora centro dell’attenzione di tutte le democrazie europee. “Il tema identitario ha superato quello economico. Anche in Italia: i migranti servirebbero al sistema produttivo, ma vengono percepiti come minaccia all’identità del Paese”,
Lo sguardo si allarga poi in Medio Oriente. Romano Prodi esprime profonda preoccupazione per l’aggravarsi del dramma umanitario a Gaza. “Non possiamo rimanere spettatori di fronte a una tragedia che colpisce civili inermi”, afferma. Per l’ex Presidente del Consiglio, serve un’iniziativa politica forte e condivisa da parte dell’Unione Europea, che non può continuare a delegare il proprio ruolo a potenze esterne.
Per completare il quadro di questo intervento, non si può evitare di fare una domanda cruciale: perché continuare a credere nella speranza? “Perché l’ho vista funzionare e perché è proprio un dovere, per l’Europa e il suo futuro”.