Giovedì, 28 Febbraio 2013 - 02:00 Comunicato 506

Il "Gender pay gap": incontro a Trento in occasione della Giornata europea per la parità retributiva
IL LAVORO DELLE DONNE? 59 GIORNI A SALARIO ZERO

Dall'inizio dell'anno sono trascorsi 59 giorni, tanti quanti - secondo le ultime rilevazioni della Commissione europea - una donna dovrebbe lavorare in più per guadagnare quanto un uomo. Ecco spiegato perchè oggi, 28 febbraio, cinquantanovesimo giorno dell'anno, si celebra la Giornata europea per la parità retributiva, una data che cambia di anno in anno in base all'andamento del "gender pay gap", il differenziale retributivo di genere: tre anni fa fu il 5 marzo, lo scorso anno il 2 marzo. Che significa? Che il gap medio europeo si sta riducendo, oggi è pari al 16,2 %, ma anche che la "piaga" del differente trattamento salariale tra uomini e donne persiste in tutta Europa, e naturalmente anche in Italia, anche se in misura leggermente inferiore al dato medio europeo, ma solo perchè la crisi ha peggiorato le retribuzioni maschili. Quale la situazione in Trentino? Se ne è parlato stamane in Provincia ad un incontro con la stampa al quale sono intervenute, accanto all'assessore alla convivenza e pari opportunità Lia Beltrami Giovanazzi, la consigliera di parità Eleonora Stenico, la dirigente generale dell'Agenzia del lavoro Antonella Chiusole e Paola Villa, docente di economia e management alla Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Trento.-

"Il problema c'è, è reale, ed è inutile volerlo nascondere sotto la sabbia" ha affermato l'assessore Beltrami, ricordando come il tema del lavoro femminile sarà uno degli argomenti trattati all'interno delle iniziative ed eventi (oltre un centinaio) promossi in occasione dell'8 marzo, festa della donna. L'incontro di oggi - ha poi spiegato la consigliera di parità Eleonora Stenico - è dunque anche un'occasione per riflettere sul posizionamento delle donne nel mercato del lavoro della nostra provincia, sapendo che le donne risultano anche da noi sensibilmente perdenti rispetto all'occupazione maschile.

Ed ecco allora i dati, illustrati dalla dirigente generale dell'Agenzia del Lavoro Antonella Chiusole. In Trentino il tasso di occupazione delle donne è inferiore di 16 punti percentuali rispetto agli uomini (57,8 % rispetto al 74,2 % dell'omologo maschile). Se non ci fosse tale differenza avremmo nella nostra provincia 29 mila donne occupate in più, rispetto alle 99.700 che risultano avere attualmente un'occupazione.
Chi, tra le donne, ha una maggiore probabilità di lavorare sono quelle che hanno un diploma o una laurea, un titolo di studio posseduto dal 61,3 % delle donne occupate, percentuale ben più alta rispetto ai maschi (49 %). Uomini e donne però non fanno gli stessi lavori, non sono occupati negli stessi settori di attività e neppure nelle stesse qualifiche: l'86,7 % delle donne sono dipendenti (73,6 % i maschi) e per qualifica il 53,2 % delle donne sono impiegate rispetto al 25,9 % degli uomini che invece sono più presenti tra i dirigenti ma anche tra le figure operaie. Lo scarto di genere continua ad intrecciarsi per altro con le difficoltà legate alla conciliazione, dato che sulle donne continua a gravare il peso degli impegni familiari, cosa che spiega perchè le stesse siano costrette a fare ricorso al part time (35,6 % rispetto al 5 % dei maschi).

Ma come si misura il "gender pay gap"? "Di norma - ha spiegato Paola Villa, docente di economia e management all'Università di Trento - vengono considerati i differenziali salariali "grezzi" per ora lavorata. Ovvero, si considera il salario orario medio di uomini e donne, si calcola la differenza e la si esprime come percentuale del salario orario maschile. E' un indicatore che ha il pregio di essere semplice da calcolare, ma non tiene conto né delle differenze nelle caratteristiche individuali, né di eventuali differenze nella remunerazione delle caratteristiche. Inoltre, non tenendo conto del basso tasso di occupazione femminile registrato in Italia, implica una sottovalutazione del differenziale salariale dato che è più probabile che entrino nel mercato del lavoro le donne più istruite (quindi con retribuzioni più elevate della media). Va pertanto letto in modo critico".
Tre altre considerazioni sviluppate da Villa completano il quadro.
- Le donne occupate in Italia hanno mediamente un livello d'istruzione più elevato rispetto agli uomini; quindi, in base alle caratteristiche dell'investimento in capitale umano dovrebbero essere pagate di più (non di meno) degli uomini. Ovvero, se la caratteristica "istruzione" fosse remunerata nello stesso modo dovremmo osservare un differenziale salariale positivo (non negativo) a favore delle donne;
- il rendimento dell'istruzione (ovvero, l'incremento nel livello salariale associato ad un incremento nel livello d'istruzione) tende ad essere più basso per le donne; in modo simile, l'esperienza lavorativa e l'anzianità;
- il tasso di occupazione femminile rimane in Italia tra i più bassi in assoluto nell'Unione Europea. Il differenziale salariale "grezzo" pari a 5,3 % (calcolato considerando solo le persone occupate) ignora il fatto che in Italia per la maggioranza delle donne in età lavorativa il salario è pari a zero.
"Le differenze aumentano però - avverte Paola Villa - se anziché considerare la retribuzione oraria si considera la retribuzione mensile o annua. Le donne tendono infatti a lavorare meno ore rispetto agli uomini perché scelgono lavori con orari più brevi (es. insegnanti), sono maggiormente occupate in lavori part-time, sono meno disponibili al lavoro straordinario. Quindi, se consideriamo il reddito lordo annuo, le donne percepiscono tra il 50% e il 70% di ciò che guadagnano gli uomini".

Per sostenere l'occupazione femminile il governo provinciale ha previsto, con il Documento degli interventi di politica del lavoro, una batteria di interventi: si va dai contributi per nuove assunzioni o trasformazioni dei rapporti di lavoro in part-time (35 lavoratori coinvolti) ai contributi a sostegno del congedo parentale dei padri (62 lavoratori coinvolti), ai progetti di riorganizzazione dei regimi di orario (6 i progetti approvati per un totale di 317 lavoratori interessati). Da aggiungere vi è anche un'altra opportunità: l'iniziativa Co-manager a sostegno delle donne imprenditrici che, dovendo conciliare famiglia e lavoro, possono contare sulla sostituzione totale o parziale alla guida della propria azienda per un periodo massimo di 12 mesi, anche non continuativi. Incentivi sono stati infine attivati per favorire l'assunzione e l'avvio di attività autonoma delle donne, dei quali hanno beneficiato 119 donne che erano disoccupate da più di sei mesi, inattive da almeno 2 anni o precarie.
Agenzia del Lavoro sta ora pensando ad altre iniziative, annunciate oggi dalla dirigente generale Antonella Chiusole. A marzo prenderà avvio presso i Centri per l'impiego di Pergine e Riva del Garda un progetto sperimentale rivolto alle giovani disoccupate con titolo di studio debole: l'obiettivo è quello di recuperare una professionalità spendibile al fine di un inserimento occupazionale. A breve partirà anche un secondo analogo progetto che mira a supportare l'ingresso nel mercato del lavoro di madri disoccupate. (cz)

Immagini a cura dell'Ufficio Stampa
In allegato dichiarazione audio di Antonella Chiusole -