Il biblista ha regalato momenti di riflessione, curiosità e divertimento iniziando dall’analisi della figura di Noè, che dopo essere approdato a terra, come prima cosa, ha piantato una vigna e vinificato, per poi ubriacarsi. Un episodio che esprime l’ambivalenza di questo alimento, simbolo di festa e di convivialità ma che, se non domato, può sopraffare e portare all’abbruttimento. Proprio questo aspetto negativo, da temere, induce ad esempio nel Corano, a vietarlo in maniera radicale. Il vino, secondo il vicario, rappresenta un viaggio nella consapevolezza, capace di guidare nell’approfondimento e nella scoperta dello sconosciuto, ma anche di mostrare i lati ombra dell’uomo: è la sua natura così ambivalente ad imporre un percorso di avvicinamento e di prevenzione, soprattutto per i giovani.
Interessante la lettura del primo miracolo di Gesù, durante le nozze di Cana, in cui trasforma 600 litri di acqua in vino: un miracolo che ha la sola funzione di salvare dall’imbarazzo una festa, diventando simbolicamente l’esempio di come il superfluo sia necessario per rendere una celebrazione ben riuscita. Il vicario commenta questo passaggio dell’Antico Testamento con queste parole: “Non ci sediamo a tavola tanto per sfamarci quanto per godere, insieme, del piacere del cibo. Un concetto ribadito anche dal Papa che ha ricordato che non c’è festa senza vino.”
Tra gli aneddoti biblici, non manca quello dell’ultima cena, durante il quale Gesù crea il brand “pane e vino” affidando a questi due elementi il senso della sua vita, un senso che i suoi apostoli avrebbero compreso solo quando lui sarebbe stato sulla croce.
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Rassegna stampa ad uso interno: Articolo da L'Adige - 21.09.2024
