
“Per me è sempre stato fondamentale - ha spiegato - avere un buonissimo rapporto con i miei calciatori. Mi sono sentito un po’ un papà e li ho sempre difesi a spada tratta. Poi però bisogna stare attenti su tante cose ed essere degli equilibratori. In Nazionale ho commesso l’errore di trasferire troppo questo mio amore per il calcio. Ho cercato di trasferire questo modo di vivere la mia professione: forse ho sbagliato. Ai calciatori ora serve di più essere leggeri, perché hanno tante pressioni. Io ho tentato di far capire loro che il calcio è una cosa seria”.
Sulla sua storia, l’allenatore ha voluto essere chiaro, specificando come, partito dalle case popolari e dalle giovanili della Fiorentina, si sia sempre dovuto scontrare con la realtà. “Nessuno - ha detto - mi ha mai regalato nulla nella mia vita, ma ho sempre conquistato tutto da solo. Ad esempio, non ho mai avuto un procuratore nella mia carriera, né come calciatore, né tantomeno come allenatore”.
Parlando poi del suo amore per la terra d’origine, Spalletti ha voluto far emergere il suo lato più umano. “Sono un grande amante della terra. Penso che ciascuno possa anche essere proprietario di un pezzo di terra, ma non della bellezza che ci sta sopra. Quella appartiene a tutti ed è un dono di Dio. Come gli animali, di cui bisogna prendersi cura”, ha affermato.
Spazio anche all’autocritica e all’analisi delle partite degli Azzurri con Svizzera e Norvegia. “Ho ancora il martellamento nella testa di quelle sconfitte, ma non voglio togliere nulla del dolore che mi generano”.
Sulla Nazionale di Gennaro Gattuso, invece, il parere è decisamente positivo. “A questa Italia non manca nulla, e andrà sicuramente ai Mondiali. Gattuso ha le qualità e le soluzioni innovative per fare la differenza. Tutto può succedere e niente è scontato, ma credo che questa Nazionale abbia le possibilità di diventare forte”.
Infine una carrellata su diverse questioni, anche intime, come il rapporto d’affetto con Francesco Totti, l’amore per il Napoli e le difficoltà nel confrontarsi con il suo presidente, gli anni allo Zenit San Pietroburgo e il piacere della solitudine nella natura.
In chiusura, il disegno della propria squadra ideale, sulla base dei tanti fuoriclasse che si è trovato ad allenare.