Domenica, 25 Maggio 2025 - 17:20 Comunicato 1415

L'analisi geopolitica dei due professori: "E Trump a suo modo è un rivoluzionario"
Castagnoli e Fabbrini: "L' Europa sta cambiando e gli Usa ci considerano rivali: momento delicato"

"L’Europa tra minacce e opportunità": un tema tornato più volte, sotto diverse angolature, nei panel del Festival dell’Economia di Trento. Le tensioni geopolitiche, le sfide globali e il ruolo dell’Unione Europea nel nuovo ordine internazionale hanno animato il confronto tra accademici, giornalisti e analisti. Adriana Castagnoli, Università di Torino, ha tracciato un filo storico delle attuali dinamiche internazionali, partendo dalla cultura politica statunitense. “Il tema commerciale affonda le sue radici nell’evoluzione del partito repubblicano. La Francia, ad esempio, è da tempo vista come il nemico culturale degli Stati Uniti”, ha osservato. L’11 settembre, secondo Castagnoli, ha rappresentato una cesura: “Ha alimentato una visione securitaria anche in ambito tecnologico, in molti casi sacrificando i diritti umani. Peter Thiel, tra gli altri, ha teorizzato la necessità di avere armamenti sempre più sofisticati”. Il pragmatismo apocalittico, come lo definisce Castagnoli, ha alimentato una narrazione che vede l’Europa non più alleata, ma rivale. “Eppure gli USA hanno verso di noi, specie nei servizi elettronici, un flusso commerciale che genera un forte surplus a loro vantaggio. Ma questo non viene mai dichiarato apertamente. L’Europa è in una fase di trasformazione. La Russia si allinea con la Cina, Trump parla d’amicizia ma non rispetta nessuno. In questo contesto, l’Unione può proporsi come modello positivo per altri Paesi, ma deve deciderlo ora.”
L’Europa tra minacce e opportunità Nella foto: Sergio Fabbrini, Adriana Castagnoli, Jean Marie Del Bo [ Sara Maria Perego - Archivio Ufficio Stampa PAT]

Jean Marie Del Bo, vicedirettore de Il Sole 24 Ore, ha rilevato come “nelle ultime settimane il tema dei rapporti internazionali sia tornato sul tavolo degli italiani”. Lo scenario bellico in Ucraina e il riassetto degli equilibri mondiali rendono il confronto ancora più urgente. Sergio Fabbrini, Università Luiss Guido Carli, ha spostato l’attenzione sugli Stati Uniti: “La posizione americana nei confronti dell’Europa va letta come un cambiamento strutturale, non contingente. L’ideologia del ‘Make America Great Again’ non è un fuoco fatuo. L’attuale amministrazione non ha al suo interno alcuna figura che abbia rapporti di discendenza diretta con l’Europa. Anzi, ci considerano in declino, sia sul piano economico che valoriale”.

Anche Fabbrini ha citato J.D. Vance come figura emblematica: “Rappresenta quella componente profondamente religiosa della nuova élite americana. Noi europei, per loro, siamo troppo secolarizzati. Lo stesso Peter Thiel, cofondatore di PayPal, è portatore di questa visione”.

Fabbrini ha quindi introdotto una distinzione chiave: “Trump è un rivoluzionario, benché conservatore. Il nazionalismo americano, infatti, è l’ombrello che tiene insieme queste istanze. Il paradosso è che, mentre negli Stati Uniti il nazionalismo è un collante interno, in Europa è una forza disgregatrice, usata contro l’Unione. È una contraddizione che si manifesta con forza proprio in Italia: il nostro nazionalismo lavora, di fatto, a favore degli interessi statunitensi”. L’analisi si è chiusa con un monito storico: “Il nazionalismo europeo ha generato due guerre mondiali e un olocausto. Oggi viviamo in un mondo sempre più polarizzato, dominato da grandi potenze. Ma la democrazia ha reso impensabile una guerra tra Francia e Germania: una conquista da non dare per scontata. Essere compiacenti con chi mina questi equilibri è un rischio gravissimo per le democrazie”.

(gt)


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