Giovedì, 11 Settembre 2025 - 12:06 Comunicato 2461

L’analisi del DNA antico da individui vissuti tra circa gli 8.000 e i 3.500 anni fa nelle Alpi orientali italiane rivela i cambiamenti nel tempo nella struttura genomica dei gruppi preistorici alpini e l’impatto genetico delle migrazioni avvenute in Eurasia occidentale sin dalla Preistoria
Studio di Eurac Research getta luce sulla storia dei gruppi alpini preistorici delle Alpi italiane orientali

Il gruppo di ricerca dell’Istituto per lo studio delle mummie di Eurac Research, in collaborazione con l’Università di Trento e di Uppsala, ha analizzato il genoma di 47 individui preistorici provenienti da 17 siti archeologici del Trentino-Alto Adige, nelle Alpi orientali Italiane. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications, colma un’importante lacuna sulla storia genetica di individui preistorici provenienti da questa area geografica strategica, ponte culturale tra le popolazioni del Mediterraneo e quelle delle Alpi settentrionali e luogo di ritrovamento dell’individuo dell’Età del Rame (5.400 – 5.100 anni fa) conosciuto come Iceman o Ötzi. Con il progetto PrehistoricAlps, finanziato dalla Provincia autonoma di Bolzano, il team di ricerca, guidato dalla genetista di popolazione Valentina Coia, e in collaborazione con stakeholders locali e con le Soprintendenze delle Province autonome di Bolzano e Trento, ha raccolto i resti osteologici e li ha analizzati da un punto di vista antropologico e paleogenetico nei laboratori specializzati di Eurac Research. Attraverso analisi bioinformatiche e statistiche, i dati genomici ottenuti sono stati confrontati con quelli già disponibili in letteratura, relativi a oltre 1.300 individui antichi e un migliaio di individui odierni dall’Eurasia occidentale.
Ricercatrici al lavoro nel laboratorio per il DNA antico dell’Istituto per lo studio delle mummie di Eurac Research [ Archivio Eurac Research]

Scopo dello studio era analizzare i cambiamenti nel tempo della struttura genomica dei gruppi alpini, dal Mesolitico (circa 8.000 anni fa) all’Età del Bronzo Medio (circa 3.500 anni fa), così come l’impatto genetico su questi gruppi delle principali migrazioni avvenute in Eurasia occidentale. Altro scopo era confrontare i risultati genetici precedentemente ottenuti sull’Iceman con quelli ricavati dai nuovi individui alpini, per contestualizzare questo importante ritrovamento. 

Lo studio ha rivelato che l'individuo maschile del tardo Mesolitico, il più antico analizzato in questo studio, che praticava la caccia e la raccolta, mostra un'alta percentuale (~84%) di ascendenza genetica da cacciatori-raccoglitori occidentali ma anche un contributo (~16%) da parte di cacciatori-raccoglitori orientali dalla Russia. Questo dimostra un evento di mescolamento tra i due gruppi di cacciatori raccoglitori avvenuto in un periodo di tempo stimato tra i 15.700 e i 10.300 anni fa. Il campione Mesolitico alpino considerato nel progetto è molto prezioso dato che risulta essere uno dei rari individui vissuti nel tardo Mesolitico provenienti dall'Italia e dall'Europa meridionale a essere stato analizzato dal punto di vista genomico, oltre a pochi altri individui provenienti dalla Sicilia.

Gli individui alpini vissuti durante il Neolitico Medio (circa 6.600-6.300 anni fa) e dediti all’agricoltura, mostrano invece un’alta percentuale di ascendenza genetica (circa l’87%) dai primi agricoltori provenienti dall’Anatolia, con solo un limitato contributo genetico da parte dei gruppi di cacciatori-raccoglitori mesolitici. Inoltre, spiega Valentina Coia, “lo studio suggerisce che gli eventi di commistione tra i migranti agricoltori e i cacciatori-raccoglitori si sono verificati sia lungo il percorso seguito dagli agricoltori prima di raggiungere le Alpi, sia a livello locale”.

I risultati dello studio suggeriscono inoltre che, nonostante i contatti con culture anche lontane, gli scambi genetici tra i gruppi alpini preistorici e le altre popolazioni rimase a lungo esiguo probabilmente per via di un relativo isolamento dei gruppi alpini, in confronto ad altre zone Europee. Lo studio rivela dunque una continuità genetica dal Neolitico Medio fino alla media Età del Bronzo.

Inoltre, i risultati dimostrano che, a livello genomico, l’Iceman è molto simile non solo agli altri individui alpini dell’Età del Rame analizzati, ma anche a quelli vissuti in periodi diversi. Malgrado ciò, sia la linea genetica paterna – il cromosoma Y, ereditato dal padre – sia quella materna – il DNA mitocondriale, ereditato dalla madre – dell’Iceman non si trovano in nessun altro individuo alpino analizzato, lasciando aperte alcune domande sull’origine e sull’affiliazione culturale di questo individuo.

Lo studio contribuisce alla comprensione di un altro fenomeno che interessò l’Europa: la migrazione di gruppi di pastori dalle steppe eurasiatiche a partire da circa 5000 anni fa che diffusero la componente genetica ‘steppica’. “Le nostre analisi dimostrano che queste migrazioni hanno avuto un impatto genetico molto limitato sui gruppi alpini”, spiega Coia. “Nonostante ciò, i nostri risultati evidenziano che la componente genetica ‘steppica’ comparve nel territorio delle Alpi orientali prima che in altre zone del Nord Italia, aggiungendo un importante tassello alla comprensione di questo fenomeno complesso in Europa meridionale”.

Il gruppo di ricerca ha rivelato alcune strette relazioni di parentela biologica (genitori – figli, fratelli o cugini) tra individui sepolti nello stesso sito archeologico. Ad esempio, due tombe singole in recinto di pietra ritrovate nella necropoli neolitica de La Vela in Trentino, ospitavano un adolescente e una bambina che sono risultati essere fratello e sorella.

Ulteriori informazioni al seguente link: https://www.nature.com/articles/s41467-025-61601-8

Dettagli progetto:

Genomic diversity of prehistoric individuals from the Iceman’s territory in the Eastern Italian Alps (PrehistoricAlps).
“Research Südtirol/Alto Adige 2019” from the Autonomous Province of Bolzano/Bozen (Grant Agreement no. 16170/2020).

(us)


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