Sabato, 05 Giugno 2021 - 20:28 Comunicato 1435

L’economista chiede di tassare i miliardari e boccia l'imposta al 15% proposta dal G7 sulle multinazionali come “pura follia”
Piketty: socialismo partecipativo per vincere la sfida con la Cina

La sfida per i Paesi occidentali si chiama Cina. E la risposta per poterla vincere è il passaggio al socialismo partecipativo. Lo ha detto Thomas Piketty, economista, al Festival dell’Economia durante l’incontro dal titolo “Per un socialismo partecipativo” moderato dal giornalista Francesco Manacorda.
“Lo sviluppo dello Stato sociale e la progressività fiscale hanno rappresentato un grande successo del mondo occidentale. Per il futuro serve un socialismo partecipativo che difenda i diritti dei lavoratori e favorisca la redistribuzione della ricchezza. Nel 2050, ipotizziamo, questo processo potrebbe concretizzarsi ed è in linea rispetto allo sviluppo attuale, c’è un meccanismo che ci porta verso il socialismo democratico e il socialismo partecipativo” ha sottolineato Piketty.

Motori del cambiamento per l’economista sono da un lato il cambiamento climatico, dall’altro il regime cinese. “Il riscaldamento globale è realtà e qui occorre cambiare l’ideologia prevalente. Il socialismo di stato della Cina spinge anch’esso al cambiamento: è un sistema oppressivo e i Paesi capitalisti devono prenderlo seriamente, perché questo sistema ha punti di forza. La risposta è un socialismo democratico soprattutto per l’area sud del mondo” ha detto Piketty, facendo un esempio concreto: “Per la tassazione delle multinazionali, non solo dobbiamo ottenere le tasse che vengono risparmiate quando quelle imprese vanno nei paradisi fiscali, ma dobbiamo condividerle col sud del mondo altrimenti il capitalismo cinese prenderà il sopravvento”.

Due gli elementi cardine del socialismo partecipativo. Da un lato la tassazione progressiva, con un approccio per cui aumentare le imposte va fatto “in modo accettabile. In passato l’aumento dal 10% al 47% dell’imposizione è stato accettato. Oggi molti della classe media ritengono che i più ricchi sfuggano alla tassazione” ha detto Piketty. “Se guardiamo ai redditi più alti, gli Usa sono andati molto in alto con la tassazione: nel 1918 l’aliquota era arrivata al 94%. Fino al 1980 l’aliquota media è stata dell’81% e l’intervento dello Stato è stato reso accettabile alla gente. Con Reagan l’aliquota è scesa al 21% e questo avrebbe dovuto potenziare la crescita economica. Invece il tasso di crescita del reddito nazionale è sceso. Per me la causa principale è stata la stagnazione degli investimenti in istruzione, ferma dagli anni ‘80. Ridurre le imposte ai ricchi non potenzia la crescita, occorre passare a una redistribuzione diversa della ricchezza” ha aggiunto Piketty.
Per il futuro, Piketty “ci vuole una tassa sui miliardari, quella di successione va imposta su base annuale e possiamo fare meglio di quanto abbiamo fatto, e questo è necessario per garantire pari opportunità e dare soldi ai figli dei poveri” ha detto Piketty.
Un altro elemento cardine del socialismo partecipativo “è la condivisione del potere nelle piccole aziende” tra proprietà e lavoratori, ha spiegato Piketty, per raggiungere la quale serve agire sulla limitazione del tetto massimo dei diritti di voto in capo a un singolo azionista.
Piketty è intervenuto anche sull’ipotesi lanciata dal G7 rispetto a una tassazione minima globale sulle grandi aziende. “C’è stato solo un annuncio, finora. Ma l’aliquota minima del 15% è un numero scandaloso, se tutti pagassimo il 15% non potremmo finanziare scuole o ospedali. In Italia le aziende sarebbero liete di pagare una percentuale simile. Per me è pura follia, uno può creare una sede in un paradiso fiscale e pagare qui il 15%. Si sta ufficializzando l’idea che i più potenti pagheranno imposte minori rispetto alla gente” ha detto Piketty.



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