
Al Palazzo della Regione, il “padrone di casa” Moser, l’italiano più vincente della storia e Battaglin hanno dialogato con Pier Bergonzi, vicedirettore della Gazzetta dello Sport e con Davide Cassani. E al Festival si sono rivelati non solo i fuoriclasse delle due ruote che conosciamo, ma anche due veri e propri almanacchi del ciclismo, guardando soprattutto al periodo a cavallo fra gli anni ‘70 e ‘80. A quel tempo furono protagonisti di una grande rivalità che affondava la radici nell’attività dilettantistica per poi proseguire fra i professionisti. Moser e Battaglin sono nati a venti giorni di distanza, nel 1951. Entrambi hanno cominciato a correre a 18 anni. Battaglin è stato il primo veneto a vincere il Giro d’Italia, Moser il primo trentino.
“Ci sono sempre stati amicizia e rispetto fra noi”, ha spiegato Battaglin. “Abbiamo fatto il nostro percorso sportivo assieme e spesso ci siamo trovati durante le corse negli stessi alberghi a bere alla sera camomilla.” “A tavola io però ho sempre bevuto vino”, ha precisato Moser. Abitudini che oggi, nello sport contemporaneo, appaiono impensabili.
E di episodi al Festival i due campioni ne hanno raccontati tanti fra ricordi di corse fatte insieme, rivalità, vittorie, cadute e innovazioni tecniche di cui sono stati protagonisti, ognuno con le proprie specificità. “Battaglin era scalatore”, ha detto Moser, “io in salita non ero come lui, ma nelle corse in linea era diverso.”
Ma protagonista nella seconda serata del Festival è stato anche Davide Cassani. “Ho sempre applaudito Moser e Battaglin e ho sempre cercato di imitarli. Quando sono diventato professionista e me li sono trovati accanto, è stata una grande emozione. Di Battaglin mi ha colpito la classe: sempre elegante, senza alzare mai la voce. Di Moser mi hanno sempre impressionato la grinta, la voglia di vincere e il desiderio di lottare anche nelle piccole corse. Moser però era uno sceriffo, un burbero”, ha precisato Cassani.