"Abbiamo creduto molto in questa ricerca – ha detto il presidente Bonapace nel suo intervento di apertura, – perché se la missione dell'Accademia della Montagna, tra gli altri obiettivi, è anche quella di valorizzare le professioni della montagna, abbiamo ritenuto necessario sapere come viene vissuta la montagna oggi e, guardando le cose in prospettiva futura, soprattutto conoscere quali siano le motivazioni che spingono i giovani ad andare in montagna o che li trattengono. La lettura di questi dati ci aiuterà a raddrizzare il tiro delle nostre strategie." È toccato invece a Iva Berasi sottolineare la novità della ricerca "Mountain like": "Nessuno fino ad oggi aveva pensato ad indagare le motivazioni dei giovani nei confronti della montagna, anche se tutti gli operatori del marketing puntano molto sulle fasce giovanili nell'elaborare le strategie della conseguente promozione. però se l'Accademia vuole far conoscere la montagna ai giovani di oggi, deve possedere gli elementi per capire la mentalità con cui i giovani si sentono più o meno attratti dalla montagna. adesso lo sappiamo".
Molto efficace è stata la sintesi dell'antropologo Annibale Salsa: "La lettura dei dati raccolti dalla ricerca ci fa capire una cosa fondamentale: se la montuosità è un dato geografico sul quale più o meno tutti possono concordare, è sulla cultura della montagna, su quella che io chiamo montanità che noi dobbiamo puntare. Dobbiamo tutti lavorare più convintamente per aumentare una cultura della montagna, altrimenti i nostri giovani trentini avranno i piedi ben piantati in mezzo alle montagne, ma le loro menti saranno altrove. Dobbiamo quindi impegnarci a rendere la montagna più attraente, più avvicinabile, più raggiungibile, farla uscire dalla subalternità culturale in cui vive oggi rispetto ad esempio al mare".
È toccato infine ai tre giovani ricercatori Letizia Caporusso, Francesca Gennai e Antonio Cristoforetti, che nel corso della ricerca sono stati coordinati dalla prof. Mariangela Franch dell'Università degli Studi di Trento, sintetizzare i risultati del loro lavoro.
MOUNTAIN LIKE - Alla scoperta di come i giovani vivono la montagna
L'obiettivo del progetto è stato quello di capire cosa pensano i giovani trentini rispetto alla montagna ed indagare qual è la loro disposizione rispetto alla frequentazione della montagna. L'interesse, quindi, non è su cosa fanno o non fanno i giovani in montagna, ma sulle motivazioni che li spingono a frequentare o meno la montagna.
Per rispondere alla domanda di ricerca è stato messo a punto un questionario, con il coinvolgimento diretto di giovani trentini, che include tutte le loro principali opinioni sulla montagna. Il questionario è stato somministrato attraverso interviste telefoniche, nel periodo 30 luglio – 9 agosto 2012, in cui sono stati coinvolti 700 giovani (356 uomini e 344 donne), un campione quindi statisticamente significativo e rappresentativo dell'universo di riferimento.
L'analisi dei dati ha permesso di mettere a fuoco sei fattori che incidono sulla disposizione dei giovani a frequentare o meno la montagna. In ordine decrescente per importanza, il primo riguarda la percezione degli effetti positivi che l'andare in montagna ha sul nostro benessere psicofisico; a seguire troviamo il fatto di percepirsi come persone di città e la volontà di identificarsi con lo stile di vita cittadino; poi troviamo la convinzione che in montagna manchino alcune comodità fondamentali, legate in particolar modo al collegamento alla rete; quindi troviamo la frequentazione della montagna come tradizione famigliare; a seguire troviamo la convinzione che la montagna sia una destinazione riservata a persone esperte ed attrezzate; infine, l'ultimo fattore è la convinzione che per andare in montagna sia necessario programmarsi ed in particolare valutare accuratamente le condizioni atmosferiche.
La sintesi fa emergere per prima cosa una differenze di genere: l'immagine della montagna come luogo stimolante e rilassante allo stesso tempo, dove ci si può sfogare, ma anche recuperare le energie, è propria più degli uomini che delle donne. Quest'ultime infatti tendono meno ad associare alla montagna tutta quella serie di effetti positivi sul benessere psicofisico, che invece vengono riconosciuti ai loro coetanei uomini. Sempre le donne sembrano soffrire maggiormente la mancanza di confort e di collegamenti alla rete, bisogni questi che sono vissuti sempre più come fondamentali. Infine sempre il gruppo delle donne dichiara che le condizioni atmosferiche siano fortemente vincolanti rispetto alla possibilità o meno di andare in montagna e che quindi la scelta di andarci o meno sia subordinata ad una programmazione in tal senso. Tale approccio orientato alla massima cautela potrebbe far diminuire la predisposizione all'affrontare viaggi in montagna in condizioni atmosferiche dubbie.
Analizzando le differenze di pensiero tra i giovani più giovani e quelli meno giovani, si nota che i giovani tra i 15 e i 24 anni soffrono maggiormente, rispetto a quelli di 25-30 anni, il fatto che la montagna non offra le stesse opportunità di socializzazione della città: i primi, infatti, aderiscono fortemente allo stile di vita della città, caratterizzata dalla disponibilità di varie opportunità di socializzazione, e soffrono della mancanza di comfort e di collegamento alla rete. Nell'immaginario dei giovanissimi, infatti, la montagna risulta essere caratterizzata come luogo tendenzialmente isolato, in cui mancano i principali collegamenti e i servizi ricreativi più mondani (come le discoteche e i pub), che caratterizzano invece l'ambiente cittadino.
Passando invece al gruppo target di chi vive in zona rurale di fondovalle, o comunque posti al di sotto dei 600 metri d'altitudine, che caratterizzano una rilevante fetta del territorio abitato trentino, si nota la presenza di ben tre fattori frenanti: aderire allo stile di vita di "città", soffrire la mancanza di comfort e di collegamenti e avvertire maggiormente la necessità di programmarsi adeguatamente.
Passando invece al gruppo delle persone che vivono in zone di montagna (oltre i 600 metri s.l.m.), i loro atteggiamenti sono caratterizzati, per prima cosa, dal fatto di soffrire la mancanza di comfort e collegamenti e sentono di più la necessità di programmarsi adeguatamente. Emerge inoltre che sono più abituati ad andare in montagna fin dal piccoli con la famiglia. Quest'ultimo non costituisce un fattore frenante, bensì incentivante.
Analizzando infine le differenze relative al background culturale caratterizzante l'ambiente famigliare, l'analisi evidenzia un effetto del fattore "sentirsi di città", nel senso che le persone che hanno un background più basso tendono ad aderire meno allo stile di vita della città e non sentono così fortemente il bisogno di conoscere gente nuova e di mondanità in genere.
(m.n.) -