
"Nella finale mondiale giocavamo contro l'Olanda - ha spiegato Kempes - una squadra veramente esperta, mentre nessuno di noi aveva mai giocato un mondiale prima di allora. Eravamo una nazionale senza esperienza ma con tantissima voglia di giocare e vincere. Non abbiamo mai pensato che avremmo dovuto vincere, ma nemmeno arrivare in finale. Volevamo giocare con dignità, rappresentare l'Argentina, ed essere felici. Siamo stati fortunati perché nel nostro gruppo non c'erano mele marce:tutti volevamo la stessa cosa. La notte prima della finale ho dormito come un bambino, la riunione prepartita con il tecnico Menotti è stata brevissima. Nemmeno il tempo di una sigaretta, perché Menotti fumava. Ci ha radunati e detto solo "Ci manca uno scalino per essere i migliori. Possiamo arrivare secondi ma vogliamo entrare nella storia". Abbiamo giocato la finale sapendo di essere inferiori, ma con grande felicità. Ci siamo spaventati perché al 90' gli avversari hanno preso un palo. Abbiamo avuto fortuna, ma ci vuole anche quella per riuscire nello sport e nella vita".
Se il successo per 6-0 col Perù nello stesso mondiale è stata definita una vittoria frutto della necessità, dopo la sconfitta con l'Italia e quanto aveva fatto il Brasile, Kempes si è soffermato sul ct argentino Menotti definito molto intelligente, uno dei pochi che ha avuto il tempo e la tranquillità per portare a termine il suo progetto. Maradona, invece, era semplicemente un genio: "In Argentina abbiamo avuto due geni – ha concluso Kempes – uno è stato Maradona, l'altro, Messi, sta ancora giocando. Averlo come compagno di squadra è stato pazzesco perché era imprevedibile. Alle volte prendeva il pallone e faceva tutto da solo, altre passava il pallone a noi compagni. Che però non avevamo idea di cosa stava per fare e quindi restavamo fermi facendo delle figuracce. Era impressionante".