Poche regole, ma tanto allenamento. “Proprio mentre arrivavano i primi successi agonistici – ha spiegato – mi sono venuti dubbi sulla mia preparazione. Per compensare questa insicurezza mi sono allenato ancora più duramente, perché volevo dimostrare a me stesso di potercela fare arrivando in gran forma alle gare. La dura preparazione mi ha causato diversi infortuni e quindi frustrazione, ma ho voluto continuare a spingere per essere il migliore. Ho approfittato delle pause dalla corsa dovute ai problemi fisici per dedicarmi alla riabilitazione attraverso il ciclismo, lo sci alpinismo e le scalate”.
È la corsa però, secondo Anton Krupicka (che ha fatto la prima maratona a dodici anni), il modo per capire il mondo e la natura in cui viviamo, che l’ultrarunner coglie appieno anche grazie ai suoi molteplici studi. Quelli in geologia, in particolare, lo hanno fatto innamorare delle Dolomiti, dove ha vinto, fra i tanti successi in carriera, la “Lavaredo Ultra Trail”: “Uno scenario fantastico, un paesaggio affascinante; ci vengo per le gare ma vedendo nuovamente le Dolomiti in questa occasione io e la mia compagna ci siamo chiesti perché non ci fermiamo di più”.
Le Dolomiti e le montagne del Colorado (dove Krupicka vive): due mondi diversi. “In Europa c’è un rapporto più diretto fra la gente e la montagna. Le cime sono maggiormente vissute e frequentate, anche perché negli USA vi sono molte limitazioni".
In Trentino per il Festival, Krupicka ha approfittato della visita per godersi il paesaggio più serenamente rispetto alle competizioni e partendo da Trento ha poi anche raggiunto Roma in bicicletta con la fidanzata. “Sono stato anche in Vaticano – ha raccontato – ma è stato bello poi tornare qui in montagna”.
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