
Solibello ha ripercorso la trasformazione avvenuta negli ultimi vent’anni, con l’arrivo degli smartphone e dei social network, che – grazie agli algoritmi – sono in grado di conoscere gusti, orientamenti e fragilità personali. Un meccanismo che, se non governato, alimenta bolle informative, radicalizzazione e disinformazione. “Le fake news viaggiano sette volte più veloci di una notizia verificata,” ha sottolineato il giornalista, “e oggi gran parte della popolazione si informa solo tramite social. Questo genera comunità disinformate, vulnerabili e facilmente manipolabili.”
Il panel ha offerto anche una riflessione educativa, in particolare verso bambini, adolescenti e famiglie. “Il problema non sono solo i ragazzi – ha detto Solibello – ma gli adulti, che non hanno ancora imparato a dare il buon esempio. Serve una nuova alfabetizzazione mediatica, che riporti equilibrio e che insegni a distinguere contenuti sani da contenuti tossici.”
La proposta? Una vera e propria “dieta mediatica”, che non elimini la tecnologia, ma insegni a farne un uso più consapevole, come farebbe un nutrizionista dell’informazione.
Confcooperative, promotrice dell’incontro, ha ribadito l’importanza di coltivare cittadinanza attiva e responsabilità anche nel consumo dei media, sottolineando che non c’è differenza, in termini di consapevolezza, tra ciò che mettiamo nel piatto e ciò che mettiamo in testa.