Lunedì, 15 Luglio 2013 - 02:00 Comunicato 2072

Domenica per i "Suoni delle Dolomiti" a Saroden in Val di Pejo, ai piedi del Vioz
IN DUEMILA PER MONGUZZI E PAOLINI

Ieri, ai "Suoni delle Dolomiti", Lorenzo Monguzzi e Marco Paolini hanno offerto ai tanti escursionisti - circa duemila - saliti sino ai prati verdi di Saroden, in Val di Pejo, uno spettacolo di due ore che ha fatto incontrare musica, teatro d'impegno civile e voglia di divertimento, riflessione sui tempi attuali e speranza di cambiamento.-

A togliere subito di mezzo ogni fraintendimento ci ha pensato Marco Paolini, che ha detto: "Ho intuito che avrei creato un bel rapporto con Lorenzo, quando ho capito che lui parlava della Lombardia come io del Veneto". E infatti eccoli lì davanti a migliaia di mani che applaudono e, a parte intonazione, accenti e qualche regionalismo, affrontano con grande sintonia temi che segnano trasversalmente il Belpaese. La crisi economica ad esempio, o il razzismo, e ancora il valore della cultura, la voglia della gente di tornare in piazza e stare insieme per affrontare la paura per pensare a un domani migliore.
Una manciata di canzoni e testi che compongono "Song. n. 14" e propongono una certa visione di futuro, ma quel futuro sembra un po' quello raccontato dai romanzieri "distopici" (soprattutto inglesi e russi: Orwell e Zamjatin), che vi vedevano non solo o tanto il mondo delle possibilità, ma soprattutto il terreno nel quale criticare le ingiustizie del presente. Si inizia quindi con uno degli atti di libertà che appartengono ancora all'uomo: viaggiare. È "Il viaggiatore", introdotto dal breve botta e risposta di Monguzzi e Paolini sul principio costituzionale dell'Italia Repubblica fondata sul lavoro. Proprio il lavoro e l'economia ritornano prepotenti durante l'intera performance: Paolini traccia la deriva liberista dagli anni Ottanta in poi e Monguzzi fa da coro (nel senso teatrale del termine) con la canzone "Bolle", che ironizza sulle speculazioni e le bolle finanziarie pari a quelle del sapone per la sostanza, ma molto più micidiali nelle conseguenze. Il futuro sognato o possibile è affidato a "Si potrebbe" mentre i tempi presenti dell'Italia tornano chiaramente alla ribalta in "L'autobus", canzone nella quale i viaggiatori rimangono vittima di un autista che rischia di coinvolgerli in uno schianto. Qui l'allusione alla deriva recente della nostra nazione è chiara.
Piccoli pezzi di storia privata e minima, che immancabilmente rimandano a quella maggiore, rappresentano gli spunti per gli altri brani. "Pezzi di cielo" ci riporta a un Monguzzi ragazzo alle prese con la naia, nella seconda metà degli anni Ottanta, intento a cercare di scampare all'obbligo di correre nei bersaglieri. Il servizio militare è l'emblema di una vita omologata, alla quale per una notte il trombettista della caserma riesce a sfuggire sostituendo il motivo del Silenzio con quello de La Bamba. Dopo l'introspettiva "Tempesta", ecco altri due interventi di Paolini, che per tutto il concerto ha saputo entrare e uscire dal palcoscenico senza mai rubare la scena ai compagni. Nei due camei l'attore veneto omaggia con Monguzzi, Boris Vian e Piero Ciampi. Il primo diventa spunto per parlare della necessità di cibare la nostra libertà con la curiosità. Nel secondo ritorna come d'incanto una figura cara, come quella del bicchiere di vino rosso che aveva catturato anche la fantasia dei primi La crus.
Come Paolini fa da molti anni per il Veneto, così Monguzzi non poteva non riflettere sulla propria terra. La Lombardia si svela in due canzoni. Si tratta di Portavèrta – tema portante del cd che uscirà dopo l'estate – che contrappone la piccolezza della nostra società, così fissata sul contingente, alla necessità di accogliere il mondo che vive drammi molto più grandi dei nostri; e poi "Lombardia" cantata da molti tra il pubblico.
A concerto terminato, applausi e richieste hanno riportato gli artisti agli strumenti per una lunga serie di bis. Davanti a Paolini, Monguzzi, Roberto e Maurizio Giannone, Daniele Savoldi, Angelo Baselli e Gianluca Casadei si è ben presto formato un muro di persone in piedi, pronte ad applaudire, cantare, ballare insieme, ascoltando "La musica de poveri", l'omaggio a De Andrè intitolato "L'eroe", la ballata ecologica "Due parti di ossigeno e una di idrogeno".
La chiusura è stata tutta all'insegna della comicità con "Quattro notti", comico resoconto di una coppia travolta dalle corna. -