Come molte altre città, anche Trento venne fondata a ridosso dell’acqua. Attorno alla seconda metà del I secolo a. C. i Romani scelsero un’ansa del fiume Adige a protezione del lato nord della città, difesa da mura sugli altri tre lati. Il fiume fungeva inoltre da via di comunicazione e di commercio. Le capacità ingegneristiche dei Romani sono evidenti anche ammirando il decumano conservato nel sito del S.A.S.S., dove è visibile una parte dell’articolato impianto fognario che si trovava sotto la città. Un sistema efficiente con canali principali e secondari in grado di portare all’esterno in maniera pressoché invisibile le acque di scarico degli edifici pubblici e privati. Non mancavano pozzetti d’ispezione per la manutenzione. Il percorso delle acque di scarico muoveva così dalle abitazioni, tramite questa funzionale rete fognaria, fino al fossato che circondava il perimetro delle mura, per poi defluire nel fiume Adige. Gli scavi archeologici hanno stabilito come questa rete fosse stata in perfetta funzione perlomeno fino al IV secolo d.C. Per l’approvvigionamento dell’acqua Tridentumera dotata di pozzi, come quello ancora visibile al S.A.S.S. In un secondo momento, probabilmente attorno alla seconda metà del I secolo d.C., fu costruito un acquedotto pubblico con condutture poste sotto i marciapiedi. In questo modo era possibile portare l’acqua nelle fontane, pubbliche e private. Molte domus, le abitazioni delle famiglie più abbienti, erano dotate anche di acqua corrente, che giungeva dall’acquedotto tramite un sistema di tubature in piombo o terracotta, le fistulae. Particolarmente interessante e visibile al S.A.S.S. è il pilastrino per fontana, in calcare bianco, sul quale è scolpita una maschera teatrale.
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