“L’emergenza idrica - ha spiegato Gilmozzi - non si può ridurre ad uno scambio tra centrali idroelettriche di montagna ed agricoltura di pianura. Il cambiamento climatico incombe e la straordinarietà di taluni fenomeni è destinata a diventare ordinaria. Quello che sta succedendo richiede da un lato un piano straordinario di interventi di mitigazione con la costruzione di bacini di raccolta dell’acqua, ma soprattutto un vero coordinamento nazionale che, attraverso un piano operativo di interventi, sia in grado di controllare la corretta gestione della filiera di utilizzo della risorsa acqua, premiando chi mette in campo buone pratiche e penalizzando chi non affronta la crisi con la dovuta incisività ed efficacia”.
Facendo riferimento ad un inverno, quello scorso, avaro di precipitazioni, Gilmozzi ha osservato come le Alpi senza neve siano non solo un problema degli impiantisti bensì anche e soprattutto della pianura.
“I bacini di montagna - ha continuato Gilmozzi - per la raccolta dell’acqua ai fini idroelettrici si stanno rivelando in tutta la loro utilità anche per regimazione del rilascio e quindi della portata d’acqua di torrenti e fiumi. Oggi abbiamo l’evidenza che si tratta di opere in grado di contenere l’effetto dei cambiamenti climatici. Ebbene questo modello va esportato anche a valle, così da creare una catena virtuosa di gestione di questa preziosa risorsa naturale”.
“La catena dell’utilizzo della risorsa acqua - ha concluso Gilmozzi - dove però trovare anche la forza di una corretta gestione della rete idrica”.