
Vialli, ultimo di cinque figli, si mise subito in luce per le sue doti di attaccante e iniziò a giocare nella Cremonese. Con l’Inter nel cuore, il suo idolo è sempre stato Boninsegna, quando esplode il fenomeno Olanda di Cruijff se ne innamora tanto da vedere ben cinque volte il documentario di Sandro Ciotti “il profeta del gol”.
Cambiando obiettivo da essere come Boninsegna a essere come Cruijff per Vialli significò diventare un uomo squadra ed è quello che Gianluca diventò da subito, fin dalla Cremonese, anche se con la voglia di fare tanti gol, meglio se di ottima fattura. Come ha sottolineato Luca Dal Monte: “Vialli è partito da Cremona per fare una carriera incredibile ma per tanti dei suoi amici da ragazzo non è mai andato via davvero ed è sempre rimasto uno di loro”. Ha avuto la fortuna di incontrare gli allenatori giusti fin dall’inizio: “Cistiriani, Settembrino ma soprattutto Emiliano Mondonico - ha spiegato l’autore - alla Cremonese nella prima stagione da titolare con cui instaura un rapporto particolare. Quando Mondonico si trovava al Torino o all’Atalanta e Vialli era in crisi con la Juve o col Chelsea gli diceva sempre che la porta per lui era sempre aperta nelle sue squadre”.
Nino Vialli ha sottolineato invece la grande voglia di libertà in campo del fratello che giocava al meglio quando spaziava per 60-70 metri e non stava davanti come un centravanti classico: “Le prestazioni di Gianluca calavano quando era intrappolato in un ruolo che non gli si confaceva, le prestazioni calavano, mentre quando aveva più libertà come ad esempio con Lippi che impostò la Juventus su di lui giocava al massimo delle sue potenzialità”.
La Juventus, squadra con la quale conquistò la Coppa dei Campioni, lo aveva opzionato ai tempi della Cremonese ma a Torino non erano convinti che fosse già pronto per una grande squadra, quindi Boniperti fece scadere l’opzione e Vialli fu ceduto alla Sampdoria per quella che diventò una lunga stagione a Genova. La Samp di Boskov costruì qualcosa di importante con uno scudetto, due coppe Italia, una Coppa delle Coppe e una finale di Coppa dei Campioni, successi ascrivibili soprattutto a Vialli e Mancini. Dopo la sentenza Bosman del 1995, Vialli è stato uno dei primi a capire che si può andare ovunque in Europa e sceglie il Chelsea a Londra che di fatto diventa la sua terza città dopo Cremona e Genova.
È stato uno dei primi giocatori non inglesi, scozzesi o irlandesi a giocare in Premier League. Nonostante i dissidi con Gullit che lo relegò ai margini del progetto Vialli diventò giocatore-allenatore del Chelsea anche perché fu apprezzata la maniera adulta e seria di come si era comportato.
La malattia affrontata con estremo coraggio non ha impedito a Gianluca Vialli di far parte dello staff della nazionale italiana, quella nazionale che anche a causa dei dissidi con Arrigo Sacchi non lo vide mai come vero protagonista, che vinse l’europeo 2020, giocato nel 2021. “Il ruolo in nazionale di Vialli - ha sottolineato Luca Dal Monte - era quello di stare vicino ai giocatori, stava insieme a Mancini ma sempre un passo indietro per non far pensare che fosse lì per dargli suggerimenti. Poi ricordiamo tutti quell’abbraccio tra i due, il pianto sul prato verde di Wembley, la sua ultima immagine pubblica, la chiusura di un cerchio”.