Giovedì, 22 Maggio 2025 - 14:29 Comunicato 1257

Con lui Mohammed Abu Mughaisib di Medici Senza Frontiere e il giornalista Ugo Tramballi
Gad Lerner: quale futuro per Gaza?

Il futuro di Gaza è stato al centro del dialogo di oggi al Teatro Sociale di Trento fra il giornalista Gad Lerner, che ha recentemente pubblicato per Feltrinelli “Gaza: odio e amore per Israele”, il coordinatore di Medici Senza Frontiere nella Striscia di Gaza Mohammed Abu Mughaisib, che si è collegato in videoconferenza, e Ugo Tramballi de Il Sole 24 Ore, per anni inviato (Beirut, Mosca, India) e advisor dell’Ispi, residente a Gerusalemme.
Fino a qualche tempo fa la causa palestinese era passata in secondo piano, anche in Israele, "un classico caso di rimozione collettiva - ha ricordato Lerner -. A Tel Aviv si poteva vivere una vita assolutamente vivace a 90 chilometri dal confine di Gaza. Era passata l'idea che i palestinesi potessero essere gestiti solo con la repressione. Un atteggiamento così corrompe anche sul piano morale. Dall'altra parte hanno prevalso ad un certo punto le visioni di integralismo religioso, sconfiggendo la precedente classe dirigente palestinese laica. Poi lo shock dell'aggressione di Hamas ha fatto prevalere l'idea in Israele che tutti i palestinesi fossero responsabili, colpevoli nel loro insieme. La deumanizzazione dell'altro è lo strumento che rende efficace la propaganda dei fanatici, la destra israeliana e Hamas, che si guardano allo specchio".
Il futuro di Gaza Nella foto: Gad Lerner, Ugo Tramballi [ Sara Maria Perego - Archivio Ufficio Stampa PAT]

Mohammed Abu Mughaisib ha spiegato che dopo l'inizio dell'attuale conflitto i Medici senza Frontiere sono stati evacuati 11 volte. "Anche adesso ci dovremmo  spostare, con il resto della popolazione, a Rafah, in una nuova area. La mia famiglia ora è fuori dalla Striscia, quindi mi ritengo fortunato, ma la maggior parte della popolazione è rimasta lì, medici compresi. Le cose si sono via va deteriorate sempre di più. La distruzione ha interessato tutte le componenti della vita di Gaza: scuole, case, acqua, cibo, sanità, trasporti. Gli ospedali sono stati considerati target militari e quindi colpiti. Centinaia di migliaia di persone sono state spostate da una parte all'altra della Striscia. Metà della popolazione di Gaza è composta di giovani e bambini. I fortunati mangiano un pasto al giorno. Tutti sono perennemente alla ricerca di cibo. Neanche le Ong riescono a fare il loro lavoro".

La politica italiana, ha ricordato il moderatore, in genere si occupa poco di politica estera. Negli ultimi tempi le cose sono cambiate. Ma l'opinione pubblica e i giovani manifestano soprattutto per Gaza, mentre le istituzioni, anche europee, fino a qualche giorno fa si concentravano prevalentemente sull'Ucraina. 

Per Gad Lerner molti di coloro che in passato erano solidali con Israele  ora stanno cambiando opinione. Peraltro solo in Italia il tema è stato poco considerato. All'estero molte persone si sono identificate da sempre con la causa palestinese. "Oggi c'è stato un orrendo attentato a Washington - ha ricordato Lerner - e l'esecutore era un latinoamericano. Un gesto mostruoso che ci conferma che quello che sta succedendo a Gaza genera un'ostilità non contro Israele ma gli ebrei in generale. Oggi si è creata una sorta di 'frontiera del colore'. Sta passando nell'opinione pubblica mondiale una brutale semplificazione per cui i poveri e gli emarginati stanno con i palestinesi e il mondo del Nord, 'biondo', ricco, con la grande finanza e Israele. Il pericolo di guerra mondiale generato da questa 'frontiera' può essere scongiurato solo identificandosi con dolore degli altri, tutti. Stanno emergendo anche visioni messianiche e apocalittiche. Un disegno folle che dovrebbe portare allo sterminio o alla deportazione di massa di 7 milioni di persone, sull'uno o l'altro versante".

Ma il panorama in Israele e Palestina non è omogeneo. Oggi, ha detto ancora Lerner, anche politici israeliani un tempo schierati a destra condannano la politica del governo Netanyahu. La recente conferenza delle Ong israeliano-palestinese mostra che c'è una società civile, forte, che elabora il lutto e anziché la vendetta cerca di andare oltre ai traumi e ai dolori. Oltre ai cosiddetti "conflitti intrattabili", che passano da una generazione all'altra. Cosa fare allora? "L'Occidente deve esercitare una pressione sul governo israeliano sul piano economico e dei rifornimenti militari, anche per evitare un doppio standard, per cui si condanna ciò che fa Putin e si fa finta di non vedere quello che sta facendo Netanyahu. Fare cambiare rotta a Israele è fondamentale, chiama in causa anche noi ebrei della diaspora, anche per evitare che sempre più persone pensino che il Paese semplicemente è un errore della storia, e non ha diritto di esistere: cosa farebbero i 7 milioni di ebrei che vivono lì?".

(mp)


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