Venerdì, 21 Novembre 2025 - 20:06 Comunicato 3496

Al Festival della Famiglia la psicologa Ameya Gabriella Canovi
Famiglie in bilico tra amore e regole

"Le famiglie sono impegnative, quelle di provenienza e quelle che costituiamo. La famiglia può essere un sogno, mantenerla nel tempo diventa un impegno. Non esiste una famiglia perfetta, non c'è una ricetta per non fare errori". Così la psicologa e autrice Ameya Gabriella Canovi, intervistata dalla direttrice di Radio Dolomiti, Michela Baldessari, nel panel che ha concluso la seconda giornata del Festival della Famiglia.
Ameya Canovi ha raccontato le tesi esposte nel volume "Di troppa (o poca) famiglia" in cui ha messo in guardia sugli estremi. La famiglia che stritola, che controlla troppo, oppure quella che è troppo permissiva, che non è presente. "Entrambi - ha detto - producono lo stesso effetto negativo sui figli. Una carenza o un eccesso causano la stessa stortura che porterà ad una richiesta di “risarcimento” nella relazione adulta".
La psicologa e autrice Ameya Gabriella Canovi, intervistata da Michela Baldessari [ Juliet Astafan_Archivio Ufficio Stampa PAT]

"Tutte le famiglie - ha spiegato Ameya Canovi - hanno o hanno avuto qualche problema. Dal confronto nascono le soluzioni. Io non ho la ricetta, ci serve restare in ascolto, osservare, fare del nostro meglio, dirci le cose e confrontarci. Si tende, invece, a rascondere la nostra paura di essere genitori inadeguati. Fingere che non ci siano problemi. Ad esempio, i disturbi alimentari sono un campanello d'allarme. A volte certe mamme mi scrivono: "mio figlio non vuole andare dallo psicologo". Ma forse sono loro che dovrebbero andarci. Ci portiamo dietro delle zavore, la tristezza di mamma, il dolore di papà, ma come giovani alchimisti possiamo trasformare il carbone in oro. I miei genitori erano rabbosi? Ne devo prendere atto e trasformare la rabbia in forza, rinunciando alla parte di aggressività". 

"Non dobbiamo impedire ai figli di crescere - ha spiegato - non dobbiamo opporci al divenire. L'esempio che diamo è molto importante. Se insegnamo ai nostri bambini a togliersi le scarpe prima di entrare in casa, lo faranno sempre. Noi replichiamo quello che è successo per anni, quindi anche le cose negative. Se sento il papà dire "cretina" alla mamma, penserò che sia normale. Come si spezza questa catena? Con la consapevolezza. Bisogna dire che così non si fa. Ci vuole coerenza dentro la famiglia. Il bambino impara quello che vede fare". 

Ameya Canovi nel suo libro parte dal presupposto che ogni nucleo familiare sia come un albero: le radici, forti oppure fragili, lo nutrono e lo sostengono e i rami crescono dando origine, in alcuni casi, a foglie e frutti. Insieme a coloro che sono venuti prima, quest'albero forma una foresta che può essere prospera e rigogliosa o, al contrario, poco accogliente. Trovare il coraggio di prendere il proprio vissuto e addentrarsi in quel bosco alla scoperta delle tracce di chi ci ha preceduto non è facile. Spesso, però, è l'unico modo per conoscere davvero se stessi. 

"Perché è proprio da quest'accettazione che nascerà una forza nuova, la paura del giudizio degli altri lascerà spazio all'autenticità che solo chi può permettersi di essere se stesso fino in fondo conosce. Perché non c'è felicità se non impariamo la difficile arte di amarci. Riportare ordine nel sistema è possibile, riconoscendo i difetti e rientrando ognuno nel proprio ruolo, senza prevaricare gli altri elementi della famiglia. Si diventa individui - ha concluso - attraverso un "taglio emotivo" con la famiglia. Un nodo sciolto senza rabbaia, accettando l'imperfezione e l'umanità dei genitori, che hanno fatto quelo che potevano. Riuscire a perdonare il troppo dolore o il troppo amore e andare avanti".

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(fm)


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