Il ghiacciaio del Careser ha registrato la situazione più critica: le scarse precipitazioni nevose invernali e le temperature elevate hanno portato a un precoce affioramento del ghiaccio già a metà luglio. Le nevicate estive non sono infatti bastate a compensare la fusione. Le misure indicano una perdita media di 2,10 metri di acqua equivalente, tra le più elevate dell’ultimo decennio.
Sul ghiacciaio del La Mare, situato a quota più alta, le nevicate estive hanno offerto una protezione parziale. A 3.250 metri, il ghiaccio è rimasto scoperto solo per 25 giorni, con 55 giorni di copertura nevosa tra luglio e settembre. Le ondate di calore di giugno e agosto hanno comunque causato fusione, ma oltre i 3.300 metri è rimasta neve residua invernale. La perdita media stimata è di 0,65 metri di acqua equivalente.
Sul ghiacciaio dell’Adamello-Mandrone, alla quota di 2.600 metri, si sono misurati circa 4 metri di ghiaccio fuso, con perdite rilevanti fino a 3.200 metri. La neve invernale è sopravvissuta solo alle quote più elevate, su un’area limitata e insufficiente a bilanciare le perdite. Su una superficie di 13,05 km², la perdita media stimata è di 1,10 metri di acqua equivalente.
Il calcolo rigoroso del bilancio di massa verrà elaborato nei prossimi mesi secondo la metodologia validata negli ultimi anni.




