“Viviamo in un pianeta d’acqua: prima lo capiamo e prima riusciremo a correre ai ripari. L’idrosfera si sta ribellando: per effetto del riscaldamento globale assistiamo sempre più spesso a eventi meteorologici estremi - inondazioni, prolungate siccità, ondate di calore e incendi incontrollati, violenti uragani -, ciascuno dei quali devasta gli ecosistemi e distrugge l'infrastruttura sociale. Il calore non riesce più a uscire dall’atmosfera: per ogni grado di temperatura in più, l’atmosfera trattiene il 7% dell’acqua derivante da oceani, fiumi, piante. La scienza ci dice che di questo passo, in 80 anni, potremmo perdere la metà delle specie presenti sul pianeta”, introduce l’economista.
Per Rifkin è necessario cambiare rotta. “Fin dall’antichità abbiamo utilizzato l’acqua per una singola specie, canalizzandola, privatizzandola, sfruttandola con supponenza. Ci siamo incagliati e ora dobbiamo ripensare a tutto quanto, in primis a gestirla e distribuirla in maniera corretta. Riprogettando edifici, città, le nostre condotte economiche. Avviando nuove alleanze tra architetti, sviluppatori, scienziati, governance. Dobbiamo passare dal capitalismo all’idroismo, dove il capitale è rappresentato dalla fotosintesi. Ricreare un ecosistema andato distrutto, ricordandoci che ognuno di noi è un ecosistema: solo il 44% del nostro corpo è composto da cellule umane. Non siamo del tutto autonomi”.
Rifkin si è poi soffermato sulle nuove generazioni: “per la volta nella storia i giovani si considerano a rischio estinzione e considerano anche le altre specie, animali e vegetali, parte di questo turbine. Sono molto empatici, tocca a loro”.
“È giunto il momento di andare avanti, oltre alle guerre geopolitiche. Di capire come rendere questo pianeta ancora più accogliente verso la vita, iniziando un nuovo viaggio nel Pianeta Acqua, così andrebbe ribattezzato. Nello scorso G7, la premier Meloni ha detto che è giunto il momento di rivedere il concetto di acqua; nel prossimo meeting, in Canada, dovremmo affrontare seriamente il problema. Non basta abbassare la quantità di combustibili fossili – conclude Rifkin, che è stato fra i protagonisti dei principali dei piani economici dell'Unione europea e della Cina per la transizione verso una terza rivoluzione industriale per affrontare il cambiamento climatico -, bisogna rivedere tutta l’infrastruttura avviando concretamente un Blue e un Green Deal in cui i governi del mondo collaborino: il pianeta è lo stesso per tutti. Iniziamo però fin da subito a chiamarlo Pianeta Acqua, anche a livello di regolamenti. Dobbiamo entrare in una nuova era. Spostarci dove fluisce l'acqua. Non siamo più un pianeta terreste ma acquatico: magari l’Italia può guidarci in questo”.
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