
In un auditorium gremito, alla presenza del presidente della Provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti, Trezeguet ha ricordato la gioventù trascorsa a Buenos Aires – i genitori sono argentini – dove ha militato nel Platense prima di tornare in Francia. Scartato dal Paris Saint Germain, è stato selezionato dal Monaco dove a 18 anni ha iniziato la sua carriera da professionista. “Ho avuto la fortuna di avere in squadra due figure di riferimento come Thierry Henry e Marco Simone – ha spiegato Trezeguet – dai quali ho imparato molto. Allo stesso modo anche l’allenatore Tigana mi ha dato tantissima fiducia permettendomi di mettermi in mostra e soprattutto segnare tanti gol”.
Per un attaccante il gol è la vita e la sua capacità realizzativa lo porta, nel giro di pochi anni, a vincere con la Francia gli Europei under 18, disputare il Mondiale under 20 in Malesia e quindi il Mondiale del 1998 e l’Europeo del 2000 (con tanto di gol decisivo in finale all’Italia). Nel 1998 l'approdo alla Juventus: “L’inizio non è stato semplice – ha proseguito Trezeguet – molto diverso dal Monaco dove spesso ero coccolato. Mi sono ritrovato in squadra con 30 giocatori di cui 25 di livello internazionale e trovare spazio era difficile in un attacco composto da Del Piero, Kovacevic, Fonseca, Esnaider e Inzaghi. La società è stata chiara: mi avevano comprato per fare gol”.
Anche con Lippi i primi tempi non sono facili, ma poi diventa un punto fermo dell’attacco bianconero, vince due scudetti ma non riuscirà mai a mettere in bacheca la Champions League: “La finale persa contro il Milan – ha proseguito – è il mio più grande rimpianto della carriera. Arrivavamo in finale in condizioni migliori dei rossoneri ma purtroppo è finita male. Ci abbiamo riprovato negli anni seguenti quando è arrivato Capello e altri grandi giocatori come Cannavaro, Viera ed Emerson. Eravamo una squadra con ancora più grinta e più affamata di quella del 2003, ma Arsenal e Liverpool hanno spezzato i nostri sogni”. Infine la singolare esperienza in Serie B e il ritorno in Serie A, prima di concludere la carriera nel River Plate: “Nel 2006, dopo il caso Calciopoli e la retrocessione a tavolino – ha concluso Trezeguet - la società ci ha lasciati liberi di scegliere se cambiare aria o meno. Io ho scelto di essere riconoscente e sono rimasto per aiutare il club in un momento di difficoltà. Era una squadra piena di ragazzini come Marchisio, Palladino e Giovinco, una realtà completamente diverso e un campionato molto competitivo dove ogni trasferta si trasformava in una festa”.