
Bronzo ai Mondiali di Tokyo dopo 22 anni di assenza dal podio per la maratona, classe 1995, arrivato in Italia dal Marocco da bambino, Iliass Aouani è cresciuto nelle case popolari di Ponte Lambro, un luogo che – a suo dire – lo ha temprato e formato, permettendogli di raggiungere gli odierni successi. “Viviamo tutti costantemente condizionati da una società che vuole tutto e in fretta, dimenticandoci che è la fatica, l’unica vera scorciatoia” – sostiene dal palco del Festival. “A Tokyo mi sottovalutavano - e in fondo non avevano neanche torto nel farlo -, ma venivo da un complesso e profondo lavoro mentale, che del resto aveva già dato i suoi frutti a Valencia”. Fatica e mente che tornano anche nelle parole della pugliese Antonella Palmisano, habitué del Festival, che a Tokyo ha conquistato un argento nella 35 km di marcia. “Nello sport capita di avere momenti di up e di down. Nel mio caso, dopo una carriera costellata di infortuni, sono in un momento in cui ho trovato quella continuità che ricercavo da tempo, ma non dimentico quanto è stato difficile rimanere ferma subito dopo aver vinto le Olimpiadi, non dimentico il baratro profondo in cui si incombe. Per uscirne serve un obiettivo chiaro, serve scavare nelle pieghe più nascoste della propria volontà”. E punto di vista, stando al fiorentino Leonardo Fabbri, anche lui bronzo ai Mondiali, per il lancio del peso: “Credo serva cercare anche il famoso “bicchiere mezzo pieno”. Penso ad esempio a Parigi, e in particolare a quel primo lancio era nullo. Io lì ci ho visto anche un lancio di 23 metri. O ancora, più di recente a Tokyo, che per le tante difficoltà delle prove non è stata affatto la mia gara migliore, eppure rimane la mia gara preferita, quella in cui io mi sono piaciuto di più”.
E da qui, con le medaglie al collo, dove si va? A Los Angeles 2028, mirando all’oro, come Aouani, al riscatto dopo Parigi, come Fabbri, o solo ad esserci “non per partecipare ma con la giusta competitività”, come Palmisano.
Esserci e vincere, lasciando indietro le difficoltà che si scontano nell’essere campioni di discipline meno “di fama”, come quelle che recentemente hanno investito la marciatrice (la polemica con la European Athletics e la Fidalper dei post sui social raffiguranti gli azzurri medagliati agli ultimi mondiali, che però non davano spazio alla sua immagine) e lasciando indietro gli hater e i loro commenti, come i tanti (anche razziali) che invadono i profili del maratoneta: “Bisogna mettere in conto che certe dinamiche non si possono cambiare, che ciò su cui si può avere il controllo è solo come si reagisce alle interferenze del mondo esterno. E che forse queste cose sono solo la conferma che si è sulla giusta strada: se ricevi critiche, stai facendo cose significative” conclude.