Sul tavolo dei relatori anche due giovani rappresentanti della consulta provinciale e di istituto degli studenti e l'assessore alla cultura del Comune di Trento Elisabetta Bozzarelli. De Lisi, giornalista e scrittore siciliano, ha esordito con un messaggio molto chiaro per gli studenti, parlando alla loro esperienza diretta: semplicemente ha fatto un appello, ricordando come "presenti" una per una le vittime della mafia nelle stragi del 1992-1993 fra le quali, in quella dei Georgofili, le sorelline Nencioni, Nadia, di poco più di 9 anni e Caterina, di 50 giorni. "È facile ricordare i morti, ma quando si ha a che fare con la vita il percorso diventa difficile: però quando raccontiamo la vita delle persone un percorso personale diventa collettivo". Quindi ha proseguito nel suo racconto, coinvolgente proprio perché non solo individuale, ma proiettato in una prospettiva di comunità, "per costruire prospettive culturali basate sulla promozione della vita". È un racconto di chi ha visto da vicino di cosa si nutre la cultura mafiosa: non il potere o il denaro ne sono la caratteristica principale e neppure la violenza stragista, definita da De Lisi "un gesto atletico", quanto piuttosto il controllo e la gestione della paura, che "sono gli elementi che generano il consenso". Per questo secondo De Lisi, solo attraverso progetti collettivi è possibile fare una riflessione "di radicamento nella comunità" contro le mafie. "Oggi è una giornata importantissima, a circa un mese dall'arresto di Matteo Messina Denaro. Un momento di festa ragionata, riflessiva e anche addolorata, per quello che è la nostra memoria diretta delle stragi, ma anche un punto di partenza da dedicare alle prossime occasioni di incontro. Per ricordare l'attacco di Cosa nostra al patrimonio collettivo, in una strategia che oggi ha rilevanza soprattutto nelle pressioni economico-finanziarie", ha detto ancora De Lisi.
Fotoservizio e filmato a cura dell'Ufficio Stampa
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