Domenica, 02 Giugno 2019 - 11:58 Comunicato 1321

La sfida della sovranità: gestire gli squilibri

La sovranità appartiene al popolo. Le istituzioni, attraverso le élite, da sempre la tutelano e la trasmettono. La sovranità nazionale esiste in ogni Paese ma occorre trovare tra Stati un modo per convivere, perché la globalizzazione rende impossibile l’autarchia e l’isolamento. L’Europa ci ha dato pace e una certa prosperità. Ciò che non ha funzionato è la distribuzione di queste risorse, che non è equa e omogenea. La “Grande divergenza” interna agli Stati e all’Unione europea determina un forte mutamento degli equilibri anche a livello di scelte politiche. L’analisi dell’economista Gianmarco Ottaviano parte dalle radici storiche del concetto di sovranità per leggere le tensioni commerciali e politiche di oggi

Crisi migratorie, terrorismo, Brexit, protezionismo, ascesa aggressiva del dominio commerciale cinese, proteste anti-establishment sono manifestazioni recenti di un’interdipendenza tra Stati che esiste da sempre ma che oggi appare critica di fronte alla globalizzazione. Un fenomeno che mette in discussione l’idea di un’Europa che non solo deve trasmettere valori, ma deve anche proteggere. A sfruttare questa crisi sono le forze nazionaliste e populiste. Il concetto di sovranità ha una storia lunga: l’ha raccontata oggi all’Università di Trento Gianmarco Ottaviano, professore di Economia politica alla Bocconi. «Che la sovranità sia in crisi non è una novità. Da sempre caratterizza le relazioni internazionali. Lo è stato già in epoche precedenti, anche durante le monarchie. È un concetto controverso su cui trovare una definizione condivisa è difficile. I popoli sono sovrani all’interno dei propri confini, ma devono però interagire tra loro. Nella storia la sovranità è stata alla base di tensioni politiche ed economiche tra Stati anche e lo è anche oggi. Ne sono esempio le recenti frizioni commerciali tra Cina e Stati Uniti e la situazione in Unione europea. Guerre e diplomazia sono gli strumenti che da sempre regolano i rapporti di sovranità. E a discuterne sono sempre delle élite, gruppi di persone scelte per negoziare e decidere».
Ma cosa significa sovranità? «È il diritto pieno di un governo su se stesso e sul territorio, senza interferenze da parte di corpi istituzionali esterni. Un concetto che designa un’autorità suprema su un gruppo di persone e su un territorio, una somma dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. È più semplice da gestire se si vive in uno Stato isola. L’interazione la mette in crisi e porta a reagire con l’isolamento, l’autarchia. Ma queste risposte sono utopia perché l’interazione derivata dalla globalizzazione è un fatto. Assistiamo a una “grande convergenza”: i Paesi del G7 che hanno visto un’ascesa dagli Settanta oggi sono schiacciati dai Paesi emergenti che sfruttano meglio le nuove tecnologie. Ma c’è anche una “grande divergenza”: i Paesi al loro interno stanno distribuendo ricchezza e sviluppo in modo molto disomogeneo e questo si collega alle scelte di voto che vengono effettuate dai cittadini».
È il caso della Brexit in cui il populismo è stato utilizzato dalla destra radicale come leva per scalzare l’élite dominante sfruttando il malcontento generato dalla crisi globale. «I sostenitori della Brexit hanno utilizzato il risentimento contro l’Unione Europea, percepita come chiusa, rigida sulle regole ma pronta a sfruttare il cambiamento tecnologico e la globalizzazione per i propri interessi. All’Unione europea tocca ora il compito di lavorare a una nuova idea di sovranismo, che vada al di là delle frontiere nazionali e che promuova una crescita inclusiva, omogenea tra Stati e all’interno degli stessi».

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(as)


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