Domenica, 02 Giugno 2019 - 09:00 Comunicato 1318

Si è conclusa con un film di Ziad Doueiri la rassegna CINECONOMIA curata da Marco Onada e Andrea Landi
«L’insulto» riapre le ferite della guerra civile libanese

La rassegna CINECONOMIA, che si è soffermata con una proposta artistica di qualità sulle tematiche che caratterizzano il 14° Festival, si è conclusa ieri sera al Cinema Modena con la proiezione del film «L’insulto» del regista e sceneggiatore libanese Ziad Doueiri, candidato nel 2018 all'Oscar quale miglior film straniero e premiato al Festival di Venezia. La produzione che fa riferimento a ben cinque realtà nazionali (Libano, Francia, USA, Belgio e Cipro) mette in primo piano il problema dei nazionalismi esasperati, raccontando come un banale litigio possa trasformarsi in un regolamento di conti tra nazioni, culture e religioni diverse.

«Sullo sfondo del film – ha spiegato in apertura di serata Andrea Landi – rimangono le cicatrici ancora ben aperte della guerra civile libanese (1975 – 1990) che ha provocato massacri e ha interessato una popolazione divisa fra la componente cristiano-maronita e la componente musulmana. Il messaggio del film fa riferimento in primo luogo alle cicatrici ancora visibili di questo conflitto civile e il regista mette in guardia sul fatto che un incidente piuttosto banale possa creare una situazione esplosiva con effetti a catena che riguardano i media, i partiti, la popolazione. Il film ci suggerisce che in situazioni di questo tipo non ci sono soluzioni facili; bisogna partire dagli individui, dalla consapevolezza del proprio passato e dalla rielaborazione di una memoria molto dolorosa nei rapporti con gli altri. “L’insulto” si caratterizza come un film processuale che vede coinvolti i due protagonisti in un momento di rielaborazione che tocca, fra gli altri, il tema dell’amnistia del 1990 che, secondo il regista, si è chiusa con un’amnesia complessiva. Di qui il suggerimento a lavorare invece sul ricordo, sulla coscienza critica e sulla capacità di recuperare – nei singoli prima ancora che nei partiti e nelle istituzioni – una memoria che possa far uscire da una situazione di stallo e di contrapposizione.»
Siamo a Beirut e tutto nasce da un banale litigio che ha per protagonisti Toni (Adel Karam), un meccanico libanese militante nella destra cristiana, e lo scrupoloso ingegnere capo cantiere Yasser (Kamel El Basha), profugo palestinese. Un tubo rotto, un battibecco e un insulto decisamente pesante rivolto da Toni a Yasser in momento di rabbia, innescano una spirale di azioni e reazioni che si riflette sulle vite private di entrambi con conseguenze drammatiche. E così una faccenda privata si trasforma in un conflitto che vede coinvolti interessi politici di rilevanza nazionale e sfocia in un processo che conduce alla formazione di due fazioni e alla riapertura di vecchie ferite. Nella contemporaneità de L'Insulto la guerra civile libanese, conclusasi militarmente nel 1990, appartiene al passato, ma basta questo banale incidente per dare nuovamente fuoco alle polveri e avviare un processo mediatico incandescente. La sceneggiatura si muove passando dalla sfera pubblica al momento privato e al dramma psicologico, con un passaggio all’aula del tribunale dove si susseguono continui colpi di scena, a cominciare dalla scoperta che i due avvocati delle controparti sono un padre e una figlia.

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