Sabato, 01 Giugno 2019 - 16:28 Comunicato 1295

Gli anticorpi contro il populismo di destra

Nel Vecchio Continente si è stabilita una nuova competizione tra i “cosmopoliti” (vincitori della globalizzazione, élite culturali, politiche ed economiche, a favore delle frontiere aperte, a favore di diritti universali, “frequent flyer”, multiculturalisti...) e i “comunitaristi”, sia Folkshemmet di origine svedese sia i populisti di destra (perdenti della globalizzazione, poco educati, critici dell’Ue, a favore dei controlli alle frontiere, cultori delle comunità omogenee). È questo il ritratto dell’Unione europea restituito da Wolfgang Merkel, direttore del dipartimento “Democracy and Democratisation” al Social Science Research Centre di Berlino e professore alla Humboldt University.

Il corrispondente di “die Tageszeitung”, Michael Braun, nella sua introduzione ha evidenziato come, dopo il voto europeo, la tendenza sia stata quella di dire “la paura è passata”, i populisti sono aumentati di poco. Una lettura rassicurante, insomma. Eppure, se si guarda alle situazioni nazionali, in 3 dei 4 paesi più importanti il partito populista è diventato il più grande. “E poi l’Italia con il suo 40% di voto sovranista. Non c’è da star tanto tranquilli”, ha ammesso Braun.

Merkel ha stilato l’identikit dell’elettorato tipico dei partiti populisti di destra: uomo, residente in aree rurali, basse o medie entrate e bassa o media scolarizzazione. Viceversa, gli oppositori di questi movimenti sono donne, ricchi, ben educati e residenti in città. “Ecco perché la scelta strategica programmatica dei populisti di spostarsi verso il protezionismo sociale, ovvero a sinistra. I social democratici non realizzano questo pericolo”.

“La democrazia oggi è meglio di quella di trent’anni fa”, fa notare Merkel, “basta guardare i progressi nei diritti civili”. Però è fragile - ammonisce il politologo tedesco - e dobbiamo prenderci in carico molti problemi irrisolti, tra cui il fatto che un terzo dei cittadini europei non partecipa alla vita politica nemmeno nel modo più semplice, il voto.

Alla domanda se i partiti populisti di destra sono una minaccia, non c’è una risposta univoca. “Se sono all’opposizione possono essere uno stimolo per l’establishment, se sono al governo influenzano in modo illiberale le politiche. Poi dipende se c’è una democrazia stabile o meno: ecco perché i populisti sono così forti nei Paesi dell’Est”.

Come vanno quindi trattati i populisti di destra? “Come minimo non ci si deve coalizzare con loro. Poi bisogna argomentare senza puzza sotto il naso, aggrapparsi ai valori democratici, riempire i vuoti di rappresentanza e non esagerare con le politiche identitarie cosmopolite”.

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