Venerdì, 31 Maggio 2019 - 21:42 Comunicato 1260

Il populismo in Turchia e le complicità europee

Attraverso il caso della Turchia i tre relatori - Fazila Mat, ricercatrice di OBC Transeuropa/CCI, Cengiz Aktar, politologo e scrittore e Esra Çeviker Gürakar, economista politica - hanno offerto una riflessione sui processi che portano alla crescita del populismo. Si è percorsa la parabola del Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) negli ultimi 17 anni, soffermandosi sull'analisi delle strategie retoriche utilizzate dal presidente turco Erdogan, sin dai primi anni di governo: è emerso l’utilizzo di argomenti populisti, sia quando si riferisce a dinamiche politiche interne sia esterne al paese. Si è poi analizzata l’influenza che hanno avuto i rapporti economici tra Turchia e UE nel determinare le politiche populiste dell’AKP e come il partito di Erdogan si sia assicurato il successo anche grazie alla creazione di reti di sostegno clientelare a livello nazionale.

“Globalizzazione, nazionalismo e rappresentanza” sono i temi al centro della quattordicesima edizione del Festival dell’economia iniziato il 30 maggio a Trento. In questa cornice si è tenuto oggi, presso il Centro per la Cooperazione Internazionale (CCI), l’incontro “Populismo in Turchia” organizzato da OBC Transeuropa, unità operativa del Centro.

Attraverso il caso della Turchia i tre relatori - Fazila Mat, ricercatrice di OBC Transeuropa/CCI, Cengiz Aktar, politologo e scrittore e Esra Çeviker Gürakar, economista politica - hanno offerto una riflessione sui processi che portano alla crescita del populismo. “Attraverso il caso Turchia, affrontiamo il tema dei populismi che stanno minacciando alcuni sistemi democratici, e cercheremo di comprendere come è possibile agire per invertire la rotta” ha dichiarato il presidente del CCI, Mario Raffaelli, introducendo i lavori.

Per accompagnare il pubblico a comprendere la Turchia oggi, Fazila Mat ha percorso la parabola del Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) negli ultimi 17 anni, soffermandosi sull'analisi delle strategie retoriche utilizzate dal presidente turco Erdogan. “Dopo un iniziale periodo riformista nell’ambito del processo di adesione all’UE”, ha spiegato Fazila Mat, “la Turchia ha assistito ad una trasformazione in senso autoritario. A partire dall’analisi dei discorsi del presidente, sin dai primi anni di governo e dunque non solo negli anni più recenti, si evidenzia l’utilizzo di argomenti populisti, sia in riferimento a dinamiche politiche interne sia esterne al paese”. “Ad esempio”, ha aggiunto Mat, “l’utilizzo della contrapposizione tra gruppi opposti interni alla società; l'identificazione del partito come espressione della ‘volontà del popolo’ e, nel tempo, se stesso in relazione simbiotica con il popolo”.

In seguito, il politologo Cengiz Aktar ha parlato dell’influenza che hanno avuto i rapporti economici tra Turchia e UE nel determinare le politiche populiste dell’AKP: “Ad oggi la prospettiva dell’adesione sembra lettera morta, ma i rapporti economici con l’Ue sono più che vivi, accompagnati da un atteggiamento indulgente e complice dell’Unione che prolunga la vita del regime”. Ha infine aggiunto che l’Unione europea, proprio perché primo partner economico del paese, potrebbe ancora aver peso nell’influenzarne il corso politico. Per incidere, dovrebbe però imporre delle condizionalità e non adattarsi alla totale mancanza di checks and balances sull’impatto fiscale e ambientale e dei diritti dei lavoratori”.

In seguito, l’economista politica Esra Çeviker Gürakar ha descritto come il partito di Erdogan si sia assicurato il successo anche grazie alla creazione di reti di sostegno clientelare a livello nazionale. “Uno dei sistemi che ha portato al forte consolidamento e alla continuità del potere dell’AKP, è stato quello degli appalti pubblici. Nella Turchia degli anni 2000 sono stati più di 100mila gli appalti pubblici assegnati ogni anno a decine di migliaia società private, con notevole distribuzione di fondi pubblici a favore di gruppi specifici utili al partito, inclusi parenti di primo grado del presidente”, ha sottolineato l’economista.

Una situazione, ha concluso Mario Raffaelli, che ha necessariamente bisogno di una svolta interna al paese, ma che necessita anche di un sostegno esterno: "In questo senso, sarà importante avere una politica estera comune, che mi auguro sarà priorità della prossima agenda dell’Unione europea".

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