Sabato, 02 Giugno 2018 - 13:26 Comunicato 1300

Giustizia e discriminazione etnica

A palazzo Geremia l'economista londinese Imran Rasul e la giornalista de "La Stampa" Francesca Paci hanno dialogato sulle conseguenze che gli eventi dell'11 settembre hanno provocato nel rafforzamento di pregiudizi contro musulmani e neri in molte realtà occidentali. Negli USA, per esempio, si è assistito a un peggioramento delle sentenze nei confronti degli ispanici da parte delle corti federali di giustizia, a segnalare che gli stereotipi possono tradursi in vere e proprie negazioni di diritti.

Un dato su tutti per l'Italia: nel 2015, su 551 crimini d'odio oltre la metà sono di origine xenofoba. Ne cita alcuni la giornalista Francesca Paci (La Stampa) introducendo lo studioso Imran Rasul che ha approfondito il legame tra pregiudizi e sanzioni nel sistema penale statunitense che, in generale, incarcera più persone rispetto ai paesi OCSE. L'incarceration rates mostra questo primato: il 25% dei detenuti mondiali è negli USA che però raccolgono solo il 5% della popolazione. E sono gli immigrati che hanno più probabilità di finire in carcere. 
Le statistiche dicono, per esempio, che 1 nero su 9 tra i 20 e i 34 anni è in prigione; in generale, 1 nero su 3 fa questa esperienza. Gli ispanici hanno una probabilità di finire in carcere 4 volte maggiore rispetto ai bianchi. Ancora: mediamente, gli statunitensi sono condannati a 41 mesi, gli ispanici a 42, i neri a 83. Più in generale, a parità di condizioni di reato, neri e ispanici trascorrono 4/5 mesi in più di un omologo bianco. 
L'11 settembre ha scioccato profondamente gli USA trasformando radicalmente gli atteggiamenti verso le comunità non bianche, in particolare musulmane favorendo una spirale crescente di violenza documentata dai dati sui crimini d'odio. Cosa ha concorso al peggioramento della situazione? Rasul cita tre elementi:
1) la retorica politica: si è creato un legame tra vulnerabilità e politiche migratorie che ha lasciato spazio a nuovi linguaggi;
2) alcune considerazioni politiche vere e proprie: si sono deliberate leggi che favoriscono l'animosità, anche prima dell'11 settembre;
3) la creazione di istituzioni preposte alla sicurezza: in USA è stato creato uno specifico dipartimento per la sicurezza interna (il Department of homeland security). 
I dati ci permettono di ricostruire quali erano gli atteggiamenti prima dell'11 settembre e come sono cambiati. Prima dell'attentato erano soprattutto gli ispanici a essere discriminati; subito dopo, l'immigrazione viene ritenuta maggiormente un problema e più in generale. 
I crimini contro l'odio vengono valutati in base a una gradazione che va da 1 a 43 che si interseca con 6 livelli di fedina penale. L'incrocio dà il range della misura penale applicabile. Ma c'è un livello di discrezionalità del giudice della corte federale, anche nel ridurre la valutazione della fedina penale, nella comminazione di pena. 
Ebbene, subito dopo l'11 settembre, considerando come sempre casi omologhi, gli ispanici passano da 4 mesi medi in più dei bianchi a 5 mesi, elemento che costa alla collettività, in termini di spesa pubblica e in termini di mancate opportunità per i carcerati. 
Negli USA ci sono 90 corti federali e 700 giudici e si registra minor severità laddove ci sono più giudici di origine ispaniche. L'etnia, quindi, entra nel sistema. 
Cosa si può fare?
1) Educare i giudici rendendoli consapevoli;
2) Monitorare i giudici, chiedendo che giustifichino in misura maggiore le loro decisioni; 
3) Selezionare: possiamo considerare di includere maggiormente chi rappresenta le minoranze. 
Infine, pensando anche al tema del Festival, Rasul conclude con una riflessione che è anche un invito. Un domani, potremmo forse automatizzare la giustizia, andando a limitare la discrezionalità umana? 
Forse, allora, l'etnia non costiuirà più un criterio di valutazione dei reati e, prima ancora, delle persone. 
Imran Rasul, economista, è stato insignito del premio Young Economist 2007 IZA, del CESIfo Distinguished Affiliate Award 2008 e di uno Starting Grant del Consiglio Europeo per la Ricerca nel 2012. Oggi insegna Economia all'University College di Londra, è co-direttore del Centro ESRC per l'analisi microeconomica delle politiche pubbliche presso l'Institute of Fiscal Studies, co-direttore del programma di ricerca sull'imprenditorialità dell’International Growth Centre (IGC), co-editore del “Journal of the European Economic Association” ed è stato co-editore della “Review of Economic Studies” (2009-2013). 

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