Lunedì, 13 Settembre 2021

Renato Gozzer

© Renato Gozzer, il monumento a Dante [ Tutti i diritti riservati © Renato Gozzer]

A Tiarno di sotto in Val di Ledro, Gabriella Gozzer conserva con sensibilità e nostalgia una nutrita raccolta dei lavori del marito Renato nell'antico palazzo di famiglia. Le strette vie del borgo, incorniciate da edifici carichi di storia e al tempo stesso discreti nei decori, lasciano scorgere la folta natura boschiva tutt'intorno: tale paesaggio potrebbe in parte essersi rispecchiato nell'indole di Renato Gozzer (1943-2020), signorile ma ritrosa, per cui pochi trentini l'hanno conosciuto, pochi l'hanno potuto apprezzare. Capace di dialoghi asciutti, racchiudeva tratti tipici della gente di montagna, nell'atteggiamento riservato, quasi selvatico, quale predatore gentile di forme e colori, che nel corso degli anni ha preferito affidare alle sue opere.

In questa sua solitaria dimora non sorprende, quindi, il bisogno d'esprimersi figurativamente, la ricerca nell'affinare tecnica e segno peculiari, la costruzione di un proprio lessico, registrati su chili e chili di piccoli e grandi fogli a carboncino e non solo. Un'operosità appresa, affinata e di seguito praticata ininterrottamente, nella frequentazione del 'Gruppo Studio Arti Visuali': un laboratorio di idee e di pittura, unico nel suo genere, avviato nel 1975 da Mariano Fracalossi, demiurgo e maestro di fine sensibilità. In tale clima di esperienze, Gozzer come altri, ha incontrato stimoli precisi, a partire dal senso del fare, dell'operosità finalizzata al mestiere dell'arte: le uscite in gruppo, ad esempio, per disegnare dal vero lungo le vie di Trento come in varie località del Trentino, dimensione in cui si è andata alimentando nel tempo quella libertà di sperimentare, di accordare la propria cifra, pratica che Gozzer ha portato avanti fino a pochi anni fa. La nutrita produzione grafica sta, quindi, a testimoniare la suggestione per il bianco/nero.

Contemporaneamente alla grafica, gli anni Ottanta sperimentavano un proprio linguaggio pittorico, in cui la superficie dagli esiti materici simili all'affresco viene trattata con solchi, ovvero scalfita come in un bassissimo rilievo da una trama di intrecci leggeri, che fanno riaffiorare la preparazione nera sottostante: tale processo andava così delineando immagini totemiche, ermetiche ed arcane, d'apparente visionarietà. Si affacciava, quindi, una scelta formale nuova per Gozzer, ovvero un'altra declinazione dell’essere artista, anche attraverso la lettura dei grandi del passato, riferimenti artistici quali veri e propri paradigmi irrinunciabili, con cui confrontarsi, anche per prendere le dovute distanze. Tutto ciò espressivo della sua autonomiai all'interno delle suggestioni del contemporaneo.

A testimoniare l'attività di ricerca espressiva, non trascurabile il suo contributo al lavoro degli artisti trentini de ‘La Cerchia’, fondata nel 1986, legati dalla pratica del confronto diretto, all'interno ed all'esterno del gruppo. Gozzer si è cimentato anche nell’ambito del tema sacro aderendo all’UCAI, ottenendo significativi riconoscimenti. Diverse le commissioni per decorazioni murali. Nel decennio successivo partecipava ad esposizioni in Italia ed all’estero, approfondendo il confronto stilistico tra figurativo e non-figurativo, come nel “Prigioniero del mito” con cui nel 1992 aderì all'niziativa Incontro di due mondi, con ‘La Cerchia’ in Messico.

Tornando al suo primitivo interesse per la ripresa dal vero, dai lavori grafici è emerso un carboncino inedito, del 1988, che inquadra la fascia mediana del Monumento a Dante nell'omonima piazza di Trento, la parte che riguarda le anime del purgatorio incontrate, appunto, dal poeta e dalla sua guida Virgilio. Da un piano scorciato dal sotto in su e scandito da un gradino poligonale, Gozzer inquadra con taglio ravvicinato la serie di figure alle spalle di Sordello, non ritenuto protagonista ma, al contrario, lasciato marginalmente a destra, con i suoi interlocutori. Ne risultano in tal modo annullate le altre parti scolpite del monumento - sempre realizzate in bronzo da Cesare Zocchi - la superiore con Beatrice e poi Dante sulla sommità, e l'inferiore con Minosse.

Il disegno presenta, quindi, un punto di vista laterale, per cui Sordello ci appare inginocchiato di spalle, nettamente illuminato. E' evidente come Gozzer abbia preferito concentrare lo sguardo, e di conseguenza guidarvi l'osservatore, risucchiati così dentro quella sequenza di anime, forse nutrendo anche una partecipazione alla loro sorte. Non a caso la disposizione movimentata comunica subito un'alta temperatura emotiva, tendenzialmente coinvolgente, anche perché l'intenso chiaroscuro tende a drammatizzare, alternandosi sui tesi volumi anatomici.

All'interno della serie di figure, sono gli invidiosi ad aver attirato l'attenzione di Gozzer che li sintetizza nella figura maschile che si copre gli occhi (l'invidia acceca), nel nudo che si sporge diagonalmente alle spalle di Sordello per cogliere il suo breve dialogo con Virgilio e nella soprastante figura femminile, mentre nelle due figure all'estrema sinistra - sedute - si potrebbero individuare gli oziosi/accidiosi. Il protagonista del monumento, Dante, nel carboncino di Gozzer diventa una silhouette in ombra, all'estrema destra, appena sporgente dalla figura di Virgilio, ma pronto a pronunciare la famosa invettiva contro l'Italia. Si osservi come la tecnica del carboncino per sua intrinseca natura, venga usato o per delicate campiture dalle implicazioni pittoriche, o a tratteggio, ben visibile negli elementi architettonici di sfondo/cornice. Si noti poi, la soppressione dei particolari, subordinati innanzitutto alle linee portanti, ben marcate da Gozzer: dalla figura femminile a sinistra, decisamente zigzagata nel suo volume essenziale scolpito dal chiaroscuro, sale una diagonale che attraversa il panneggio dell'invidioso dagli occhi coperti, e viene poi ribadita nel nudo a terra ed infine nella figura femminile retrostante - manto-velo e braccio flesso -. Gozzer non tralascia di narrare attraverso i gesti la comune condizione umana, il pathos. Quindi un ritmo spezzato, in cui vivono e soffrono le figure sui gradini del monumento.

L'importanza del disegno è ritenuta quindi irrinunciabile per la valutazione globale della personalità dell'artista, come in questo caso, in cui addirittura un'opera autonoma in b/n si presenta senza dubbio come qualificante mezzo espressivo.

Elisabetta Doniselli

(us)


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