Mercoledì, 17 Gennaio 2018 - 18:23 Comunicato 70

La ricerca FEM-UniTrento getta nuova luce sul destino della anidride solforosa nei vini
Verso una enologia di precisione, studio pubblicato su Scientific Reports

Sono appena stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Scientific Reports i risultati di una ricerca condotta da un team di ricercatori della Fondazione Edmund Mach, Università di Trento con il Dipartimento di Fisica e Centro Agricoltura Alimenti Ambiente, che permette di comprendere l’importanza di alcune reazioni chimiche di solfonazione che avvengono nei vini, e che coinvolgono il principale conservante, l’anidride solforosa.
In particolare i ricercatori hanno validato un nuovo metodo quantitativo per misurare su un ampio campione di circa 200 vini del commercio, una serie di derivati solfonati dei composti del vino, recentemente scoperti dallo stesso team di ricerca.
In questo modo sono stati approfonditi alcuni aspetti finora sconosciuti delle reazioni nei vini dell'anidride solforosa, il principale conservante usato in enologia, come anche per moltissimi alimenti. Una migliore comprensione di queste reazioni, di cui ora si è rivelata appieno l’importanza, potrebbe condurre verso una enologia di precisione.

L'aggiunta di solforosa ai mosti ed ai vini è pratica comune ed indispensabile per tutti gli enologi, principalmente per proteggere i vini dall’ossigeno e dai microorganismi durante tutte le fasi della produzione ed affinamento. Allo stesso tempo, solforosa e solfiti sono allergenici e per questo motivo il loro uso è controllato da limiti legali, riportato in etichetta, ed una loro limitazione desiderabile.
Lo studio pubblicato su Scientific Reports dimostra che l’impatto della anidride solforosa sulla qualità dei vini è molto più profondo di quello che si pensava fino oggi. La solforosa infatti reagisce con numerosi composti dei vini, con un impatto sulla qualità. Nei vini rossi, si produce una lenta reazione di solfonazione dei tannini, dai quali dipende il corpo, la struttura e la sensazione dell’astringenza o/e morbidezza dei vini rossi. La concentrazione dei prodotti di questa reazione aumenta con l’invecchiamento e potrebbe aiutarci a capire uno dei meccanismi attraverso la quale importanti vini rossi con il tempo migliorano loro qualità. Infatti, è stato scoperto che i prodotti di questa reazione sono componenti importanti di vari famosi vini rossi italiani ed internazionali invecchiati (per esempio Amarone, Brunello di Montalcino, Sagrantino di Montefalco e Tannat).
Diversamente, nel caso dei vini bianchi e spumanti la reazione di solfonazione coinvolge diversi metaboliti indolici derivati dall’amminoacido triptofano. Questa reazione è particolarmente veloce, una evidenza che sembra essere direttamente correlata con i fenomeni che causano il veloce e precoce invecchiamento, in particolare dei vini bianchi. 
Oggi, le raccomandazioni per le minime necessarie dosi di solforosa necessarie ad assicurare una corretta conservazione sono largamente basate sulle conoscenze empiriche.
Gli autori spiegano che l'importanza di questo studio riveste diversi aspetti. Innanzi tutto aspetti che riguardano i fondamenti della chimica enologica: la scoperta e la comprensione infatti di importanti nuove reazioni chimiche indotte dalla presenza dell’anidride solforosa può finalmente dare una spiegazione della significativa anche se parziale scomparsa di questo additivo nel vino. La scoperta implica, però, anche diversi aspetti applicativi dell’enologia in quanto alcune delle reazioni evidenziate possono contribuire a spiegare alcune modifiche della qualità dei vini. Non va neppure certamente trascurato il fatto che una migliore conoscenza della reattività di questi composti che sottraggono la solforosa, dovrebbe permettere calibrare al meglio il contenuto di anidride solforosa nei vini, tenendo conto della diversa capacità di ciascun vino di consumarla. (sc)

Scientific Reports
“The impact of SO2 on wine flavanols and indoles in relation to wine style and age” Panagiotis Arapitsas, Graziano Guella & Fulvio Mattivi
www.nature.com/articles/s41598-018-19185-5 

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