“Les sauteurs” (Quelli che saltano) è un documentario, 1 ora e 20 minuti la durata, di produzione danese, presentato in anteprima mondiale al Festival di Berlino del 2016 e che ha partecipato ad una cinquantina di festival ottenendo diversi premi. E’ ambientato in nord Africa, in Marocco, alle porte dell’enclave spagnola di Melilla, circondata da un muro alto metri, come ormai tanti altri in giro per il mondo, ingresso spesso impenetrabile per centinaia e centinaia di africani che scappano dai loro Paesi alla ricerca di un futuro migliore nella “vecchia” Europa. Ad uno di loro, Abou Bakar Sidibè, maliano, gli autori, Moritz Siebert ed Estephan Wagner, mettono la videocamera in mano. Sidibè è così protagonista e, nello stesso tempo, co-regista del doc. Uno spaccato dolente di questa massa di ragazzi, perché tanti sono giovanissimi, che guardano Melilla dal monte Gurugù e cercano poi di superare le barriere di protezione per entrare in città, spesso fallendo. “Ci sembrava – sottolineano gli autori – che mancasse una voce di questa tragedia delle frontiere, quella dei profughi. Con questo nostro lavoro abbiamo cercato di dare visibilità ad un percorso di vita che coinvolge tanta e tanta gente in fuga”.
Con “Passeri” , 1 ora e 39 minuti, siamo invece in Islanda, terra alla quale il Trento Film Festival dedicherà quest’anno ampio spazio. E’ il secondo lungometraggio di Runar Runarsson dopo l’esordio con “Volcano” e la candidatura all’Oscar per uno dei suoi corti. E’ un racconto di formazione con protagonista il sedicenne Ari, costretto a lasciare la capitale Reykjavik a causa della partenza della madre per un lavoro in Uganda. Andrà a vivere con il padre alcolista nel paesino dove ha passato l’infanzia. Qui incontrerà Lara, cercando di crescere in una realtà difficile e abbrutita. Presentato alla 40esima edizione del Toronto Film Festival, “in Passeri – come ha sottolineato la critica – il fascino della terra nordica e delle sue scenografie distese ai piedi dei vulcani rivela, strada facendo, il suo volto nascosto e drammatico”. “Passeri parla del passaggio all’età adulta di un ragazzo che attraversa un periodo di transizione – ha dichiarato il regista – ma anche della relazione padre-figlio, di integrazione, del ritorno alle origini, di mascolinità, di amore, perdita e perdono. Se nel mio film ci sono alcuni passaggi che possono essere scioccanti, la mia intenzione non è quella di impressionare gratuitamente ma di far provare la bellezza che ne segue. E’ un errore lasciar pensare allo spettatore che tutto è bello e luminoso come succede nelle produzioni hollywoodiane o che la vita è un inferno senza speranze come in alcune pellicole d’essai. Nessuna delle due opzioni è corretta, perché nella vita, quando si cade, ci si rialza e il sole splende di nuovo. C’è sempre speranza, non bisogna mai perderla”.
Fonte: Trento Film Festival