Venerdì, 11 Ottobre 2019 - 21:36 Comunicato 2491

“Un uomo solo al comando, la sua maglia è biancoceleste: il suo nome è Fausto Coppi”

Chi non conosce la famosissima frase del radiocronista Mario Ferretti che descrisse alla perfezione una parte della storica tappa Cuneo - Pinerolo del 1949? Non esiste registrazione di queste parole ma tutto questo contribuisce ulteriormente ad arricchire il mito infinito del ciclista piemontese che proprio quest’anno avrebbe compiuto 100 anni. De “il Campionissimo” - capace di conquistare (tra le altre cose) cinque volte il Giro d’Italia, due volte il Tour de France - hanno parlato in un Palazzo Geremia stracolmo i due figli Marina e Faustino, il giornalista Aldo Grasso e il suo amico Adriano Laiolo ospiti alla seconda edizione del Festival dello Sport.

“Purtroppo mi sono goduta molto poco mio padre (Coppi è mancato il 2 gennaio del 1960 a causa della malaria contratta durante una suo viaggio in Burkina Faso) - ha spiegato Marina -. Ricordo però che era legatissimo alla sua bicicletta, quando terminava di allenarsi la portava sempre a casa. Il fatto che dopo un secolo dalla sua nascita il suo ricordo viva ancora dentro tantissime persone, tifosi e appassionati è un enorme motivo d’orgoglio per me. Grazie a tanti racconti, aneddoti, documentari e libri sono riuscita a conoscerlo un po’ di più”.

La sua vittoria più bella? Marina non ha dubbi: “La Cuneo - Pinerolo del 1949, una giornata che ha lasciato il segno nello sport”. Quel giorno Coppi si lanciò in una fuga pazzesca di 195 km - la fuga più leggendaria della storia del Giro - arrivando al traguardo con 11 minuti e 52’’ di vantaggio sul secondo che era Gino Bartali. Il terzo, Alfredo Martini, arrivò dopo venti minuti. “Mio papà è mancato quando avevo quattro anni e mezzo - ha commentato Faustino -. Mi ricordo quando rientrava la sera e veniva a salutarmi, è stato proprio lui ad insegnarmi ad andare in bicicletta, mi tolse le rotelline e mi accompagnò sino a quando non rimasi in equilibrio. La Cuneo - Pinerolo è indubbiamente mitica ma porto nel cuore  anche la sua vittoria del mondiale in Lussemburgo”. Aldo Grasso è sempre stato un tifosissimo de “l’ Airone”: “Il ciclismo nel passato lasciava molto più spazio all’immaginazione, non c’era copertura televisiva totale e questo ha contribuito a rendere tutto più romantico. Quando ero ragazzino mi regalarono la famosa foto dopo sono ritratti Coppi e Bartali mentre si scambiano la borraccia, per anni mi sono chiesto “chissà chi l’avrà passata a chi”. Dopo un po’ ho smesso di ripetermi questa domanda, non è importante. Importante è continuare a raccontare ciò che è stato tramandando così il mito”. Andrea Laiolo era insieme al “Campionissimo” durante quel maledetto viaggio in Africa: “In tre abbiamo contratto la malaria, la sua sfortuna è stata aver un fisico così eccezionale. La febbre non gli è salita a temperature altissime come è successo ad esempio al sottoscritto, tutto questo ha fatto sì che i medici pensassero avesse una banale influenza. Non fu curato con il chinino e purtroppo ci lasciò così presto”.



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