
“Per me e per tutti i miei coetanei di allora non è possibile dimenticare”, ha risposto Bogdan. “Soprattutto il momento dell'imprigionamento, il fatto di essere cacciati via da casa, l’essere privati della cura dei genitori, della vita che avevamo: questo ci ha sicuramente segnato per tutta la vita. I ricordi di quei giorni sono vivi e ritornano, nei sogni, negli incubi, ma anche nella vita quotidiana, basta un'associazione di pensiero, una parola sentita per caso. Come ha detto una mia amica di prigionia, 'di Auschwitz ci libereremo solo nel momento della morte, lo porteremo con noi tutta la vita'. Questo è vero anche per me: anche io ‘sono rimasto’ ad Auschwitz”. “Siamo gli ultimi testimoni della storia, ha continuato Bartnikowski, e dobbiamo ricordare. Avevo 12 anni, vedevo il fumo uscire dalle ciminiere e temevo di finire anche io lì: questo non si dimentica. Tanti mi chiedono come noi sopravvissuti abbiamo potuto mantenere la forza d’animo per non cedere: abbiamo mantenuto sempre la speranza di poter uscire dal campo”.
Bartnikowski ha poi ricordato, come ha fatto nei suoi libri, fra i quali quello dal titolo “Un’infanzia dietro al filo spinato", in modo toccante, crudo e allo stesso tempo poetico, che la speranza, la fede, il sogno di rivedere i propri cari o ritornare a casa prevaleva sempre sulla disumanità del campo di sterminio. Nonostante le vessazioni, le botte, il cibo al limite della sopravvivenza, la separazione dalla madre, che rincontrerà qualche mese dopo l’arrivo a Birkenau, in una giornata memorabile per il giovane Bogdan, quando potè riabbracciarla e scoprire che era ancora viva.
Nel corso dell’incontro Giuseppe Ferrandi ha parlato del rapporto tra conoscenza, storia e le forme dell’impegno: “Crediamo che leggendo e imparando la storia questa automaticamente si trasformi in un patrimonio di atteggiamenti, comportamenti e funzioni: più storia conosci, più consapevolezza hai del passato, più riesci a vivere il presente in modo appropriato. In realtà è necessario cercare nuovi strumenti affinché il rapporto tra storia e memoria si traduca in una crescita di cittadinanza e in un vocabolario capace di rinnovare la partecipazione e l’impegno: abbiamo tutti bisogno, soprattutto in questo nostro tempo, di ricercare le ragioni del bene comune e di come far pesare la volontà collettiva. Queste iniziative ci aiutano a trarre dalla storia forme e motivazioni per l’impegno. È questa l’arma segreta di Living Memory: rigenerare il modo di essere cittadini, avere un rapporto solido e critico con la storia, che cambia a seconda dello sguardo che le dedichiamo”.