
La sfida che Colombo, assieme ai suoi partners artistici, si è posto, è stata quella di raccontare quella dote straordinaria ma ineffabile che contraddistingue o dovrebbe contraddistinguere ogni attività umana, la creatività: quella dote, quella qualità, che dà sapore al lavoro e a ogni altro aspetto dell’esistenza, e che evidentemente caratterizza anche quella famiglia di comportamenti che qualifichiamo come “economici”.
Dove nasce la creatività? La capacità di astrazione? L'immaginazione? L’hanno portata gli alieni? O è il frutto di una mutazione genetica avvenuta circa 80.000 anni fa? Niente è certo. Ma, con un gioco di parole, possiamo immaginare come abbiamo iniziato ad immaginare. Lo sanno bene anche gli storici. Non si sa bene cosa è successo nel passato, ha detto Colombo, appunto perché è passato. Ma si può provare a ricostruirlo? Sì.
Colombo ci dice che la creatività nasce ad esempio con i dipinti sulle pareti delle grotte di Lescaux, scene con animali, prevalentemente di caccia. Nelle caverne. Ma prima degli animali ci sono le mani. Intinte nel colore e poi premute contro qualche muro. E prima ancora forse dei segni, dei pallini o delle linee disegnate sul corpo. E ci sarà stata l’improvvisazione. Nella creazione artistica così come nella musica. Improvvisazione che non significa suono "a caso", ma variazione su una serie di scale o temi musicali dati.
Abbiamo cantato e danzato assieme, fin dalla preistoria. Per fare gruppo, essere felici, sconfiggere la tristezza e la solitudine. Per noi esseri umani, questa la lezione, felicità e immaginazione sono inestricabilmente legate.