L'usanza dei canti di questua (della Stella o dei Tre Re), da parte di cantori itineranti, nel periodo che va da Natale all’Epifania, è documentata in varie località dell’arco alpino. Il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina per valorizzare, scoprire o riscoprire questa importante tradizione orale, mette a disposizione un webinar sulla piattaforma Zoom lunedì 13 dicembre, giorno di Santa Lucia, dalle 18 alle 19. Per collegarsi alla piattaforma Zoom basta accedere al link https://us06web.zoom.us/j/82047338867
Quello dei canti di questua natalizi è un repertorio "di confine" fra popolare e colto, scritto e orale, sacro e profano, sul quale la ricerca - fino a pochi anni fa - registrava vistose lacune. Studiosi che hanno descritto e documentato questi canti della Stella non erano riusciti infatti a trovare fonti a stampa, cui poter riferire le numerose trascrizioni manoscritte riportate successivamente nei foglietti utilizzati dai cantori. Nel corso di una ricerca condotta da Renato Morelli in Val dei Mòcheni negli anni Ottanta, è stato possibile trovare il testo a stampa a lungo ricercato: un volumetto di Sacri canti raccolti da Don Giambattista Michi, di Tesero, nella seconda metà del 1600.
Da quella “scoperta” è derivata la ricerca sulle origini del rito della Stella, sulla sua distribuzione in uno spazio che, dal Canton Ticino arriva ai territori, italiani, tedeschi, boemi e sloveni dell’ex-Austria-Ungheria, sulla sua originaria matrice controriformista e gesuitica legata direttamente al Concilio di Trento. La controriforma promosse infatti un’iniziativa di vasto respiro strategico finalizzata a contrastare da sud, e cioè dal versante italiano dell’arco alpino, l’avanzata dell’eresia che, scendendo da nord, trovava seguaci anche al di qua delle Alpi; con l’eresia arrivavano anche i canti riformati - calvinisti e luterani - per la prima volta non nella lingua latina della chiesa romana, bensì nella lingua “volgare” … ladino-romancia, francese, italiana, tedesca. Bisognava dunque mettere in circolazione nuovi canti spirituali in lingua italiana, al fine di arginare la pericolosa infiltrazione dei libri di canto eretici e riformati. Per questo durante il Concilio di Trento venne fondata una commissione di sacerdoti musicisti, guidati da san Carlo Borromeo. Lavorarono sei anni, utilizzando la vecchia e collaudata tecnica del “travestimento spirituale”. Prendevano cioè vecchi canti profani, anche licenziosi e trasgressivi, ma “noti al volgo” e sostituivano le parole con testi spirituali, trasformandoli così nelle cosiddette “laudi a travestimento spirituale”.
Ebbene, cinque testi del Michi provengono, più o meno letteralmente, dalle più importanti raccolte di “laudi a travestimento spirituale”, del Concilio di Trento.
Scrive a questo proposito Roberto Leydi, decano dell’etnomusicologia italiana: «La ricerca di Morelli sulle laudi e sui canti possono recare un contributo non secondario alla conoscenza del Concilio tridentino che tanto è stato studiato, confutato e celebrato in tutte le altre sue manifestazioni, comprese quelle musicali “alte”, ma assai meno preso in considerazione nelle sue conseguenze musicali “basse”, popolari».
Il webinar è il primo del ciclo “NOTE A MEMORIA, Lezioni di musica popolare trentina” realizzato per approfondire il patrimonio etnofonico trentino, valorizzando i fondi sonori presenti nell’Archivio Provinciale della Tradizione Orale. I webinar proseguiranno fino al 31 gennaio 2022, ogni lunedì dalle ore 18 alle 19.
Lunedì 13 dicembre dalle 18 alle 19 sulla piattaforma Zoom, al link https://us06web.zoom.us/j/82047338867.