Venerdì, 31 Maggio 2019 - 21:02 Comunicato 1257

Stati e società nelle democrazie liberali

Traccia un quadro chiaro e ricco di esempi, partendo dal suo ultimo libro in prossima pubblicazione "Balance of Power: States, Societies and the Narrow Corridor to Liberty", Daron Acemoglu, professore del Dipartimento di Economia del MIT: "La perfetta democrazia sta in quel corridoio in equilibrio tra Stato e società". Come influscono però economia e recessione? "In maniera imprevedibile" - risponde il professore, mettendo in guardia l'Italia - "il rischio è che con la crescita zero, si perda il privilegio di stare in quella zona bilanciata"

E' un percorso che spazia ben oltre i confini dell'economia, tra antropologia, storia e sociologia; ben oltre l'America, tra Asia, Africa, Europa; ben oltre il presente, tra passato e futuro, quello che l'Elizabeth and James Killian Professor di Economia del Dipartimento omonimo del MIT, nonché membro di numerose istituzioni e associazioni internazionali, Daron Acemoglu, traccia nel suo intervento al Festival dell'Economia. Perché per poter definire una democrazia equilibrata, bisogna innanzitutto avere in mente alcuni concetti base: "La libertà è per definizione l'opposto del dominio e della violenza" - spiega Acemoglu - "ma il suo futuro è luminoso o oscuro? C'è chi fa previsioni che sfociano nell'anarchia, chi ancora nel controllo della tecnologia.

Il segreto, allora, per mantenere vive le democrazie si giocherà nell'equilibrio dei poteri, nel mantenimento dell'esistenza di una "gabbia di norme" e - soprattutto - nel modo in cui sceglieremo di utilizzare i nuovi strumenti di comunicazione e le nuove tecnologie". Se da un lato, quindi, abbiamo lo Stato e dall'altro la società civile, illustra ancora - "è nel corridoio centrale nel quale il secondo controlla l'agire del primo, che troviamo la democrazia". Utilizzando, a partire dalle categorie proprie di Hobbes, le tre etichette di "leviatano dispotico" (quando lo Stato è piu' forte della società), "leviatano assente" (quando la società diventa più forte della gerarchia sociale) e "leviatano incatenato" (quando la società controlla lo Stato), è allora nel terzo che Acemoglu riconosce il "giusto mezzo". "Dobbiamo però stare attenti a non credere di poter stare in questo "corridoio" senza l'esistenza del potere stesso. Sarebbe un paradosso" - continua. E a proposito di paradossi, per il docente del MIT - per l'occasione incalzato dal collega dell'FMI, Antonio Splimbergo - "il populismo e il fascismo non sono che espressioni del movimento democratico. Il loro guaio è quello di dimenticarsene e di sottovalutare la stessa forza democratica, una volta raggiunto il potere".

In definitiva, quindi, conclude: "Uno Stato forte è quello che sa mantenere l'equilibrio tra poteri, ricordando che la libertà non è statica, e che la "gabbia delle norme" è in continuo cambiamento. Uno Stato forte sarà, in futuro, quello che saprà usare a suo vantaggio la tecnologia (si pensi al movimento #metoo) e che non darà mai per scontata la sua posizione privilegiata nel "corridoio". L'Italia, in questo senso, è uno dei Paesi a rischio".



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