Giovedì, 10 Ottobre 2019 - 16:33 Comunicato 2438

L'Esport al centro dell'incontro nelle Gallerie di Piedicastello
Sport virtuale e reale: istruzioni per l'uso

Nicola Marconi, ex tuffatore olimpico e player di Hearthstone, Daniele “Prinsipe” Paolucci, player di Fifa, Ivan Grieco, caster: questi i protagonisti dell'incontro alle Gallerie di Piedicastello, moderato da Giulio di Feo, dedicato ad una delle nuove frontiere dello sport, quella virtuale, o dello Esport. La sfida era quella di mettere a confronto e far dialogare chi lo sport lo pratica nelle palestre e nei campi da gioco e chi usa i pc, le playstation, youtube, insomma, l'elettronica e i suoi derivati. Da una parte lo sport come lo conosciamo tutti, dall'altra i videogiochi (per usare una definizione ormai terribilmente obsoleta), che creano a loro volta competizione, tifo, e naturalmente denaro. Attività sportive entrambe, hanno convenuto tutti i relatori. Perché se i muscoli utilizzati non sono gli stessi, identica è la passione, l'agonismo, l'impegno. E non si trascuri il fatto che anche negli sport "virtuali" ci vuole fisico, resistenza. Altrimenti, anche se seduti davanti a una consolle, non si va molto lontano. Ma per ora nessuno chiede di ammettere i videogiochi alle Olimpiadi. Il primo passo è semmai il riconoscimento da parte del Coni. E poi si vedrà. Magari, creando un'Olimpiade ad hoch per l'Esport.

"Sono da sempre un giocatore di videogames - ha confessato Marconi, tre volte campione europeo di tutti, oggi anche allenatore, commentatore sportivo e blogger - . La polemica sul fatto che l'Esport non è vero sport è sterile. Dobbiamo trovare i punti di contatto, aprire le porte al nuovo". Paolucci invece giocava a calcio. "Ma ho sempre videogiocato, prima per passione, poi per lavoro. Oggi, dopo la vittoria al torneo mondiale di Madrid, lo faccio a tempo pieno. I rapporti fra i due mondi sono assolutamente stretti. Per me, avere giocato il calcio reale aiuta a giocare anche il calcio virtuale di Fifa".

Come nello sport tradizionale, anche nelle competizioni di Esport ci vuole un commentatore.  E' il mestiere di Grieco, quello del caster. "Al pari di un commentatore di calcio o basket, anche noi dobbiamo conoscere le regole del gioco, ma anche le storie dei giocatori, le statistiche e così via", ha spiegato. Non nascondendo  la sua ambizione di poter commentare un giorno una partita di serie A o di Champions. "Noi caster - ha detto - siamo abituati a commentare eventi che possono durare anche 10 ore. E siamo inquadrati dalle telecamere sempre, compresi i momenti di pausa, durante i quali continuiamo a intrattenere chi ci guarda, perché chi segue un game a lungo  ha bisogno ogni tanto di 'staccare'. Inoltre dobbiamo sforzarci di fare capire ai neofiti di cosa parliamo, la terminologia che adoperiamo e così via".

Qualche anno fa è stato riconosciuto che anche negli Esport l'impegno, mentale e  fisico, ed il conseguente dispendio di energie sono fortissimi, paragonabili a quelli dello sport tradizionale. Ma possono queste due dimensioni convivere? Chi videogioca riesce anche a praticare uno sport come il footbal o il nuoto, o anche andare a scuola e accedere a un'istruzione superiore? La risposta è stata di nuovo affermativa. Il videogioco è allenante ed educa all'impegno, quindi può essere persino propedeutico ad altre attività sportive. Naturalmente esagerare è sempre sbagliato. E' sbagliato chiudersi 20 ore in una stanza con un videogioco, ma è altrettanto sbagliato eccedere in palestra. A questo, ad esempio, servono i coach, che guidano e consigliano gli sportivi, in entrambe i mondi.

Anche nell'Esport cominciano ad arrivare degli sponsor, e a girare dei soldi. Si dice però che in Italia siamo indietro. E' davvero così? In parte sì. Ma le cose stanno cambiando. Certo, pochissime persone possono permettersi di vivere di attività connesse all'Esport (forse 4 o 5, è stato detto), siano essi player, caster o quant'altro. Ma il numero degli appassionati, e degli eventi a loro dedicati, cresce. Così come crescono le connessioni, che per i videogames sono l'equivalente dei palasport o degli stadi. Ciò che conta è coltivare sempre la passione, e diffonderla. Magari creando un'Olimpiade parallela a quella che tutti conosciamo, dove si possano confrontare i migliori player di tutto il mondo. Fondamentale sarà il riconoscimento ufficiale da parte delle istituzioni sportive: dei player, dei team, delle federazioni, dei caster. Uomini e donne, perché se l'Italia è indietro anche su questo terreno - con poche donne protagoniste - all'estero, almeno nei Paesi dove l'Esport è più diffuso, la presenza femminile cresce. 

(mp)


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