Venerdì, 04 Giugno 2021 - 13:06 Comunicato 1379

Smarzynska Javorcik: “Dopo il Covid l’intervento dello Stato nei Paesi più deboli continuerà ad aumentare”

È una visione davvero globale quella che ha offerto Beata Smarzynska Javorcik, già docente ad Oxford e prima donna a ricoprire il ruolo di capo economista della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS), in collegamento da Londra con il pubblico del Muse e sollecitata dalle domande del giornalista de "Il Fatto quotidiano" Nicola Borzi. La studiosa, infatti, si occupa dell’analisi degli investimenti in 27 Paesi di questa istituzione, tra i cui soci vi è la più nota Banca Europea degli Investimenti.
Javorcik, nella sua relazione per il Festival dell'Economia, ha presentato una fotografia della presenza dello Stato nella situazione economica attuale e in quella che a breve delineerà la fase post Covid in molte nazioni emergenti e nei Paesi meno avanzati. Negli ultimi vent’anni la presenza del pubblico nel settore creditizio è aumentata e anche le persone, in tante parti del mondo dove si concentrano le ricerche della BERS, vedono con maggior favore l’avanzamento del pubblico rispetto al privato. Le banche di Stato, infatti, ha sottolineato Javorcik, sono diverse, possono assumere rischi maggiori, tanto che al tempo dell’ultima crisi finanziaria hanno ampliato i crediti, aiutando Paesi e aziende ad ammortizzarne lo shock, svolgendo un ruolo positivo. Chi non ha un solido storico creditizio e garanzie collaterali da prestare, ha accesso meno facile alle banche, ma quelle di Stato hanno una maggiore inclinazione al rischio, sono più disponibili a concedere crediti, quindi fanno del bene all’economia, perché promuovono l’innovazione delle piccole e nuove aziende. È il motivo per cui il post pandemia sarà indirizzato verso una maggiore presenza dello Stato, sia in campo creditizio, sia in quello degli investimenti in servizi pubblici, come trasporti e infrastrutture.
La studiosa ha aperto il suo intervento con un’analisi della percentuale degli impiegati nel pubblico in vari Paesi, soprattutto in quelli post-comunisti, nei quali mediamente un quarto dei lavoratori è dipendente dello Stato, perché gli impieghi sono più stabili, anche se le retribuzioni più basse. Scardinando un luogo comune Javorcik ha sottolineato, invece, che in Italia come in Germania, le aziende di Stato assorbono una quota minima dei lavoratori, con una cifra bassa rispetto ad altri Paesi dove le economie sono sempre meno produttive, poco efficienti e meno innovative, anche per la minore presenza di brevetti.

Nelle visioni del futuro tracciate dagli economisti spesso rientrano anche valutazioni psicologiche; Javorcik ha spiegato, per esempio, che quello che sperimentiamo fra i 18 e i 25 anni di età ci accompagna per tutta la vita, per cui chi vive un periodo di recessione economica o una pandemia in gioventù è più a favore della regressione della proprietà privata rispetto a quella pubblica, una ricerca lo conferma in molti Paesi del mondo. “Al momento non sappiamo lo stato reale dell’economia attuale, molti stanno galleggiando con i sostegni dello Stato e molte aziende dovranno chiudere per fallimento. I governi dovranno salvare le aziende nazionalizzandole, come per le compagnie aeree”, ha detto ancora l’economista. Nei Paesi ricchi ci sarà da capire il ruolo dei contribuenti per i sostegni pubblici, nei mercati emergenti l’espansione della nazionalizzazione porterà a chiedersi come volgerà il gioco in par condicio con il settore privato. Il contesto della proprietà dello Stato nei mercati emergenti, infatti, è debole e c’è un rischio reale che il settore privato sia messo in difficoltà dalle imprese statali, mentre alcuni governi potrebbero tendere a difendere i propri interesse politici, intervenendo in prima battuta nella comunicazione, acquistando i media e affidandoli ai loro sostenitori. In Turchia, Brasile, o in India le banche erogano i crediti in relazione ai cicli elettorali, incanalando i crediti non in base alla crescita delle aziende, ma a soggetti o luoghi dove serve sostegno politico: la conseguenza è una minore crescita e maggiore rischio di default. Proprio a seguito della pandemia, come anche dell’invecchiamento rapido della popolazione, il maggiore ruolo dello Stato potrebbe mettere in pericolo il settore privato, con la conseguenza di una crescita più lenta nel lungo periodo. 

(sil.me)


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