
"In Italia – ha detto Sabina Nuti, insegnante alla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa – eroghiamo molto in termini di servizi, ma dobbiamo chiederci se stiamo erogando alle persone che veramente ne hanno bisogno e dobbiamo anche preoccuparci di come possiamo fare far nascere nei nostri operatori la competenza per intercettare gli utenti realmente bisognosi".
"Nel Regno Unito – ha evidenziato Elio Riboli - Direttore della School of Public Health dell'Imperial College di Londra - c’è stata una pesante riduzione degli investimenti in sanità e un conseguente aumento dei malati. In generale in Europa – ha aggiunto – il tasso di mortalità è più elevato fra lavoratori manuali, questo perché si ammalano con più frequenza e non sono curati in maniera adeguata.
"Dobbiamo adottare misure di carattere complessivo - ha detto Licia Petropoulacos della Direzione generale Sanità e politiche sociali e integrazione dell'Emilia Romagna - che tengono conto anche delle disuguaglianze di reddito e del tema dell’esclusione sociale".
"L’aumento degli operatori privati - ha detto Andrea Lesca Responsabile Relazioni Reti, Clienti Istituzionali e Fondi Previdenziali, Intesa Sanpaolo Vita – può avere un impatto positivo nel settore della sanità e negli ultimi anni si assiste al fenomeno del welfare aziendale che introduce elementi di territorialità nella diffusione dei servizi”.
Parlando dei Fondi sanitari integrativi, Serena Sorrentino, Segretario generale Funzione Pubblica Cgil, ha evidenziato come questi debbano essere utilizzati per una reale complementarietà delle prestazioni e non per la loro sostituzione.
Paolo Bordon, direttore dell’Azienda per i servizi sanitari del Trentino, ha sottolineato l’importanza del ruolo dei cittadini per migliorare l’accesso alla prestazioni. "L'universalismo per noi – ha detto – si concretizza in una rete di servizi di prossimità uguale per tutti i cittadini. Da noi l’asticella delle aspettative è molto alta. Faccio un esempio. A livello nazionale i tempi di attesa per una prestazione non urgente sono di 180 giorni, in Trentino di 40. “Nella nostra comunità – ha detto Bordon – il cittadino pone una pressione positiva sul sistema dei servizi. Il tema della salute non va affrontato solo guardando il segmento sanità, ma va visto nel suo complesso coinvolgendo tutti i soggetti che interagiscono e l’intera comunità con i suoi valori”.