Mercoledì, 24 Giugno 2020 - 19:48 Comunicato 1419

Sanità: importante combinare capacità manageriali e cliniche

L’importanza di combinare capacità manageriali e cliniche, il turn-over dei vertici, la gestione dei processi oltre che delle risorse, la necessità di investire in capitale umano partendo anche dalle esperienze positive che si sono riscontrate, pensare in modo costruttivo a come riallocare le responsabilità fra centro e regioni: sono stati numerosi i temi toccati nella conversazione online tra il direttore scientifico del Festival dell’Economia Tito Boeri e Raffaella Sadun, professoressa di amministrazione d’impresa alla Harvard Business School, sulle lezioni da trarre dalla gestione dell’emergenza COVID sul management della sanità.

La qualità della cura, ha osservato Sadun, spesso dipende dal lavoro di persone che non occupano i primi posti nella gerarchia. La gestione degli ospedali, ha aggiunto, è molto eterogenea ma esistono realtà che lavorano molto sul tema dei processi e delle competenze. Spesso ci si focalizza sul management finanziario ma esiste anche un management ospedaliero complementare molto importante.  Un problema piuttosto diffuso, non solo in Italia, è il turn-over dei manager. Si pensa, ha sottolineato Sadun, che una singola persona possa avere effetti enormi su un processo di produzione complesso come quello della sanità. E’ importante, ha spiegato, che nella gestione siano coinvolti i medici, perché combinare capacità manageriali con capacità cliniche porta ad una maggiore comprensione del contesto. Per questo è così importante anche una formazione che metta assieme competenze diverse ma molto utili se complementari.

Quello che è avvenuto, ha proseguito Sadun rispondendo anche alle sollecitazioni di Boeri, ha rappresentato per la sanità dei diversi paesi uno shock enorme in termini di aumento rapido di richieste di servizi e di flussi, a fronte di risorse comunque limitate. Tutto ciò si è innestato su organizzazioni complesse e anche già in difficoltà. Nella discussione, ha evidenziato la relatrice, si tende a mettere in evidenza quello che non ha funzionato, in termini di disponibilità di materiali e strumenti, di logistica, di allocazione dei pazienti. Va detto invece, ha aggiunto, che ci sono cose che sono andate meglio di quanto ci si potesse aspettare, come la risposta del personale e delle organizzazioni in termini di “problem solving” e di ripensamento di spazi e modalità di lavoro.

Infine ha formulato l’invito a pensare in modo costruttivo a come riallocare le responsabilità fra centro e regioni: centro che, in una pandemia, può avere un ruolo importante per quanto riguarda ambiti come le economie di scala e la raccolta dei dati, ma da solo non può portare avanti il meccanismo di adattamento al contesto locale, compito in cui le regioni possono fare molto.

Da un modello che ha il suo centro nell’ospedale, è emerso nel corso del dibattito, si può pensare ad un’organizzazione più flessibile che coinvolga altri soggetti, anche quelli che assicurano la medicina territoriale.

In Italia la spesa sanitaria si è stabilizzata, ma ha mostrato limiti nel numero di posti di riserva per la terapia intensiva. Sarà importante quindi investire ancora, non solo in infrastrutture ma anche in risorse immateriali, in organizzazione, in capitale umano, nel miglioramento delle condizioni di lavoro. Importante poi, è stato spiegato, è la capacità di misurare quello che si ha. Nella nuova sanità peserà infine il rapporto con la tecnologia, che però da sola in genere non è in grado di generare effetti importanti ma va accompagnata da competenze professionali e organizzazione.

(lr)


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