Giovedì, 10 Ottobre 2019 - 17:22 Comunicato 2440

Rummenigge, campione in campo e anche fuori

E’ stato interista tra il 1984 e il 1987, ma sembra ieri. L’affetto dei tifosi nerazzurri ancora lo accompagna, ma anche quello di chi lo ha conosciuto come calciatore e come uomo.
“Circondati come eravamo dai tifosi nel primo ritiro che ho fatto – ha detto il campione tedesco – ho capito subito che era una società speciale”. Oggi, al Teatro Sociale di Trento, Karl Heinz Rummenigge ha offerto un ritratto di sé tra il professionale e il personale, concedendo molto ai ricordi legati alle relazioni più forti che ha intessuto venendo in Italia. Con lui sul palco, intervistati da Pierfrancesco Archetti, giornalista de La Gazzetta dello Sport e Beppe Severgnini, editorialista del Corriere della Sera, Giuseppe Bergomi e Andrea Mandorlini, che con Rummenigge hanno giocato, e Ernesto Pellegrini, presidente dell’Inter dello “scudetto dei record”, che portò Rummenigge a Milano.

Ne è uscito il ritratto di un top player diventato anche un top manager, che ha legato il suo nome non solo all’Inter ma anche al Bayern di Monaco, di cui oggi è amministratore delegato. In Italia ha lasciato un segno profondo tra i nerazzurri. “Credo – ha detto Rummenigge - che presentarsi e comportarsi bene aiuti a restare nel cuore dei tifosi. Inoltre quando sono arrivato in Italia i tifosi non venivano da un momento facile e quindi su queste basi è nato il rapporto forte che ho sentito dal primo minuto”.
Non è stato facile passare dal ruolo di calciatore, dove conta molto il talento, a quello più complesso di dirigente: Rummenigge ha confessato di essersi affidato all’esempio di persone come Pellegrini, che nella gestione della società si è mosso sempre con umanità.
“E’ la semplicità – ha sottolineato Bergomi – la caratteristica principale che ha fatto ben volere Rummenigge a tutto l’ambiente”.
A Rummenigge è stato chiesto anche di commentare la famosa sfuriata di Trapattoni quando era allenatore del Bayern. E lui o ha fatto mostrando simpatia e stima per l’allenatore italiano.
Il presidente Pellegrini ha spiegato perché puntò sul tedesco. “Volevo – ha detto – un grande giocatore, di valore mondiale, ma anche un uomo, com’è, di grande semplicità e umanità. Ancora oggi mi emoziona essergli vicino”.
Rummenigge e Mandorlini hanno ricordato l’amicizia che li ha legati in campo e fuori ancora li lega. Bergomi ha sottolineato la stima e l’empatia che prova nei confronti di Rummenigge.
Il campione e dirigente tedesco ha ricordato inoltre le prime difficoltà con l’italiano, superate grazie alle lezioni e al tempo. “Conoscevo l’Italia per esserci venuto in vacanza – ha detto Rummenigge – ma vivendo qui ho apprezzato il vostro senso di umanità”.
Sulla vittoria dell’Inter in Champions nel 2010 contro il Bayern, Rummenigge, all’epoca dirigente della squadra tadesca, ha detto di aver rispettato il giudizio del campo che ha premiato la squadra che aveva una marcia in più.
Durante l’appuntamento c’’è stato spazio anche per ricordare il famoso gol in rovesciata contro il Glasgow Rangers, annullato dall’ arbitro. In chiusura poi la testimonianza delle sue esperienze come commentatore televisivo e la scelta di diventare dirigente. Un ricordo anche per Ancelotti: “Buon allenatore e brava persona” ha detto Rummenigge. Infine ha indicato i nomi di alcuni dei difensori più ostici che ha affrontato sul campo: proprio Giuseppe Bergomi, ma anche Pietro Vierchowod e Claudio Gentile.

(lr)


Immagini