Nel corso dell'incontro sono stati analizzati punto per punto i quesiti posti dalle associazioni ambientaliste. Le associazioni ambientaliste ritengono che il realizzarsi di alcuni degli scenari presentati renderebbe comunque inutile un impianto di smaltimento dei rifiuti ora: si potrebbe attendere (un periodo variabile fra i 12 e i 15 anni, a seconda dello scenario previsto riguardante il tempo di vita utile della discarica) e poi aprire eventualmente una nuova discarica.
Varie ragioni indicano invece, secondo la Provincia e l'APPA, la necessità di procedere con la realizzazione di un impianto di recupero. Innanzitutto una discarica deve essere utilizzata solo in modo residuale (per ceneri e altri rifiuti che non possono essere trattati diversamente), anche perchè in termini di gas serra inquina molto di più rispetto a un termovalorizzatore standard. Non solo: le normative attuali penalizzano chi continua a portare i rifiuti fuori regione (al netto di ogni altra considerazione di carattere etico). Di conseguenza, il costo derivante dall'export dei rifiuti è alto e continuerà ad aumentare, diventando più alto rispetto a quello del trattamento in loco: oggi è richiesto un costi di almeno 240 euro a tonnellata di rifiuto indifferenziato trattato per essere recuperato in impianti di recupero energetico (costo che aumenterà ulteriormente per le penali che l'ARERA-Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente farà pesare a chi esporta rifiuti fuori dal nostro territorio provinciale) a fronte dei circa 160 euro richiesti lo scorso anno.
Nel corso dell'incontro sono state esaminate anche alcune "false credenze" in materia di rifiuti. Ad esempio, la possibilità di realizzare un impianto PAP (per i soli tessili sanitari, in sostanza pannolini): l'unico esistente in Italia al momento è stato disattivato per ragioni gestionali. Per quanto riguarda il Trattamento meccanico-biologico, dal quale, secondo le associazioni ambientaliste, verrebbe ricavato rifiuto recuperabile e rifiuto combustibile, i dati nazionali mostrano che in realtà esso consente il recupero di una percentuale di poco superiore all'1% del rifiuto. Il trattamento in questione risulterebbe essere quindi di fatto un pre-trattamento, prima della destinazione finale del rifiuto alla discarica o all'incenerimento.
Ed ancora: per quanto riguarda i volumi di conferimento alla termovalorizzazione, ipotizzati dalla Provincia in circa 80.000 tonnellatte all'anno, le associazioni sostengono che la quantità si potrebbe ridurre di 20.000 tonnellate circa; le stime dell'APPA indicano invece che rispetto alla situazione attuale si possa recuperare ancora una quantità di residuo di 7000 tonnellate massimo con la raccolta differenziata e queste valutazioni sono state riportate in uno specifico scenario. Esiste insomma una soglia "fisiologica" oltre la quale diventa pressoché impossibile andare con la raccolta differenziata. Inoltre gli studi mostrano che se aumenta la differenziata aumenta anche lo scarto all'interno della differenziata stessa (con conseguente peggioramento della sua qualità). Va tenuto conto del fatto che oggi il Trentino è uno dei territori più virtuosi d'Italia, quindi è evidente che incontri maggiori difficoltà ad aumentare ulteriormente la quota di differenziata.
Infine: l'Addendum considera il problema ceneri, che vanno in discarica o a recupero se vetrificate (nell'Addendum cautelativamente sono state considerate come conferite in discarica). Riguardo al rientro economico, invece, oltre alle considerazioni già espresse, si tenga presente che ad esempio la Lombardia, che ha il maggior numero di termovalorizzatori, ha impianti per recupero energetico di 60-80.000 tonnellate all'anno, come quello ipotizzato dal Trentino. L'addendum contiene anche l'analisi economica redatta da FBK che indica un costo complessivo della lavorazione svolta dall'impianto nell'ordine di 155-255 euro a tonnellata circa, senza considerare i ricavi, e in funzione delle diverse tecnologie che possono essere scelte.