Sabato, 04 Giugno 2016 - 18:46 Comunicato 1204

Reti tra luoghi, l'importanza della coralità sociale "alla Becattini"

L'evento "La coscienza dei luoghi", ospitato questa sera nella sala conferenze del Dipartimento di Economia e curato dell'Università degli studi di Parma, ha messo in scena un confronto coordinato da Fabio Sforzi, con Marco Bellandi e Alberto Magnaghi, docenti all'Università di Firenze, e Giuseppe Folloni, professore all'Università di Trento. L'appuntamento è stato incardinato sull'analisi dell'omonimo volume dell'economista Giacomo Becattini. Il luogo, nel libro edito nel 2015 da Saggine, viene visto come unità di indagine e di applicazione delle politiche. Con questo approccio l'Italia appare come un caleidoscopio di luoghi, intesi non solo come agglomerati urbani e industriali, bensì come realtà basate sul concetto di coralità sociale e di interrelazione tra vita e lavoro.

Fabio Sforzi è partito dall'assunto che i "luoghi non sono tutti uguali così come la crescita non è equilibrata nel tempo e nello spazio. L'idea che lo sviluppo non sia un processo equilibrato, suggerisce che anche le politiche per lo sviluppo non debbano essere equilibrate". In quest'ottica la politica per il Mezzogiorno, quindi, anziché essere a pioggia, poteva essere indirizzata verso quei luoghi che già avevano dimostrato di avere una certa predisposizione al progresso.
Il confronto è poi proseguito con la riflessione su come la coscienza dei luoghi si esprima attraverso il senso di appartenenza di determinati imprenditori a un tessuto industriale (vedi settore tessile di Prato e distretto ceramico di Sassuolo). Questa coscienza si esprime bene nei distretti industriali, dove avviene una stretta compenetrazione tra sfera economica e sociale. In virtù di questo legame, i luoghi maggiormente dotati di coscienza hanno più possibilità di affrontare la crisi.
Per Alberto Magnaghi, per di più, "oltre a piani urbanistici e legislazioni ex post, sono le imprese stesse che devono rispettare la coralità della produzione e dell'ambiente. Sarà perciò la stessa azienda a porsi come avanguardia della gestione del territorio".
Se si guarda al singolo sistema locale, i piccoli luoghi dello sviluppo industriale italiano già mostrano come funziona l'intreccio tra la società e gli investimenti economici. Però questo focus non basta, perché ci sono anche le relazioni tra i luoghi da prendere in considerazione. "La grande crescita delle forze produttive è la specializzazione, ma poi richiede scambi per dare vita a qualcosa di più vasto", ha fatto notare Bellandi. E così è sì vero che il Made in Italy è nato nei distretti industriali di periferia, ma è altresì vero che la sua affermazione non sarebbe stata possibile se non ci fossero stati i rapporti con le grandi città, dove stavano università e strutture di comunicazione.



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