Le regole, esordisce Cerone, sulla quale l’Europa ha cominciato a muoversi con decisione rispetto invece agli Stati Uniti, sono un aspetto centrale, in rapporto all’impatto dell’intelligenza artificiale nella società: “Il nostro obiettivo come giornalisti è perseguire la tutela dell’informazione, vitale per la democrazia, e del lavoro che vi è connesso. Mantenendoci aperti all’innovazione, ma sapendo che la moderna tecnologia deve aiutare ma non sostituire l’uomo, specie il giornalista, essere umano pensante che fotografa e analizza la realtà. Questo è un tema che riguarda l’intera comunità, dall’informazione passa la democrazia”.
Aprono gli interventi i due professori bolzanini. Per Federico Boffa, docente di Economia industriale e political economy, il compito dell’economia come scienza e degli economisti è fornire un contributo affinché l’opinione pubblica comprenda e accetti l’innovazione, aiutando nella creazione di governance e regole per minimizzare impatti negativi dell’AI, dal tessuto occupazione agli altri ambiti. “Come università - ragiona - dobbiamo aiutare a sviluppare un dibattito serio, spiegare quali sono i pericoli ma anche le opportunità, e come si agisce per agire per minimizzare i rischi a vantaggio di tutti e del progresso”.
Secondo Francesco Ravazzolo, esperto di econometria, con le piattaforme in stile ChatGPT “siamo solo all’inizio dell’intelligenza artificiale, ma con i prossimi modelli, più evoluti, sarà inevitabile fare delle scelte sui parametri da applicare. Chi prenderà queste decisioni e in quale direzione? Al centro ci dovrà quindi essere la fiducia. L’aspetto del giornalismo è delicato, perché l’informazione poggia sul controllo e la verifica del giornalista. La macchina sarà capace di questo? Ecco su cosa stiamo lavorando come ricercatori a Bolzano e nel mondo: capire i modelli e vedere che scelte contengono. In futuro però non potrà essere solo l’aspetto tecnico a dominare, servirà collaborazione e comprensione da parte di tutti”.
Il francescano Patton, anche lui giornalista, va all’essenza dell’informazione, che a suo dire non è cambiata nella sua radice. “I nuovi sistemi integrano quanto c’era prima, non lo cancellano, il silicio è ancora una forma di scrittura sulla pietra che convive con l’intelligenza artificiale. Siamo di fronte però ad elementi nuovi, a macchine che imparano ad imparare e molto dipende da cosa - i dati - viene dato loro in pasto. Ma a mio avviso questa nuova forma di intelligenza non può sostituire il giornalista. Lo vediamo anche nei conflitti. Non puoi fare corretta informazione se non hai visto di persona un teatro di guerra. Il problema della narrazione di oggi è che assistiamo a opposti resoconti embedded che vengono messi nel grande calderone della rete e che presto potrebbero essere trattati dal computer, dunque svolgendo operazioni di intelligenza artificiale non sulle fonti ma su narrazioni ‘sotto condizione’. Questo richiama ulteriormente la formazione e l’etica del giornalista, che come detto da papa Francesco deve consumare le suole delle scarpe e non può delegare alla macchina la visione diretta della realtà. Inoltre, ci sono ulteriori elementi importanti: la formazione per l’utente, per chi attinge alla notizia, e la pluralità delle fonti”.
Francesco Profumo, past president di FBK e ora rettore dell’università maltese OPIT, specializzata in data science e intelligenza artificiale, riflette sulla velocità della nuova rivoluzione industriale in atto, quella della AI. “Per la prima volta ci troviamo di fronte a un cambio di paradigma che mette al centro non l’attività muscolare ma cerebrale. L’incertezza e la rapidità dell'evoluzione, assieme ai temi etici, filosofici e morali che comporta, ci impongono di ripensare il modello educativo delle nuove generazioni. Questo, accanto al problema delle persone che saranno interessate dai cambiamenti e che avranno bisogno di essere accompagnate per non uscire dalla fase attiva del lavoro. Dovremo tornare più volte a scuola, un sistema dell’istruzione che però dovrà essere basato sulla conoscenza, ciò che dura, rispetto alle competenze che scadono velocemente e richiedono di essere aggiornate”.
Per Cosimo Accoto, filosofo che lavora con le tecnologie e che fa ricerca applicata al Mit di Boston, “siamo dentro un momento storico di accelerazione dell’automazione. Adesso abbiamo insegnato alle macchine a calcolare oltre ai numeri le parole, l’AI è infatti - per ora - un calcolatore di parole, data una sequenza indovina il termine che segue. Il compito del filosofo è qui. L’umano è l’unica specie che parla e scrive oppure c’è un’altra specie che arriva, e come la accogliamo? Tutto dipenderà da come noi orienteremo lo sviluppo, da questo dipenderà il saldo, il beneficio o le conseguenze negative rispetto alle vulnerabilità. Posto che i cambiamenti nel lavoro ci sono sempre stati e ci saranno sempre”.
Alessandra Costante, segretaria generale Fnsi, in videocollegamento, apre nelle conclusioni ad una “sfida positiva nei confronti dell’intelligenza artificiale e del suo utilizzo, per un impatto favorevole sul lavoro giornalistico ma più in generale sull’informazione e gli effetti su opinione pubblica, consenso, democrazia”: “L’utilizzo dell’intelligenza artificiale deve avere regole e limiti chiari. Sì dunque all’AI nell’informazione, purché sia governata dai giornalisti, che sono a garanzia dei cittadini”.